Rialto

335.34

 

Peire Cardenal

 

 

 

 

Lo sabers d’est segle es foledatz,

e Dieus dis ho e trobam ho ligen,

et ieu cre ben sos ditz veraiamen,

qu’eu vei que·l ricx es savis apellatz

5

e·l paubr’es fols e es caitius clamatz;

al ric parec, del siecle trespassan,

et al Lazer, cal mes Dieus en soan.

La riqueza d’est segl’es paubretatz

ha sel que l’a conquista malamen,

10

qu’enl en pert Dieu e l’arma eissamen

e re no·i a pos quez es trespassatz,

et es plus fols que trichador de datz

qui per aver gieta Dieu a son dan

ni per aver que malamen guazan.

15

Ges paubres hom non deu esser cassatz

q’atressi ha sen et entendimen

com a lo ricx e razo eissamen,

e trobar n’es de be aconseilhatz,

e se el es en conseill apellatz

20

el lo dara lial e ses engan,

e qui·l creira no·i poira aver dan.

Mas tant es grans del segle·l cobeitatz

que nulls non ve son dan ni no l’enten,

e l’enveia es tan grans de la gen

25

d’aver maisons, terras et heretatz,

qu’a guiza d’orb si gieton els baratz,

e can vezon que·l baratz vai montan,

enpenon si ades mais azenan.

Sel que volra de Dieu esser amatz

30

aia en si leial entendimen,

et aioste so c’aura leialmen

e fassa ben als paubres dezaizatz,

que·l mandamens nos fo aitals donatz;

e qui non a que don, aia·l talan,

35

que·ill voluntatz venra a Dieu denan.

Maire de Dieu, siatz de mi menbran

lai on seran iutgat li pauc e·l gran.

 

 

 

Testo: Vatteroni 1994 (XXVI). – Rialto 31.vii.2005.


Mss.: T 101v (anonimo), C 286v, R 68r, I 169v, K 154v, d 329v.

Edizioni critiche: Karl Vossler, Peire Cardinal. Ein Satiriker aus dem Zeitalter der Albigenserkriege, München 1916, p. 76 (edizione basata su IC); René Lavaud, Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal (1180-1278), Toulouse 1957, p. 524; Sergio Vatteroni, «Le poesie di Peire Cardenal III», Studi mediolatini e volgari, 40, 1994, pp. 119-202, p. 162.

Metrica: a10 b10 b10 a10 a10 c10 c10 (Frank 495:3). Cinque coblas unissonans di 7 versi di dieci sillabe, più una tornada di due versi di dieci sillabe. Il sirventese ha lo stesso schema metrico e le stesse rime della canzone di Arnaut de Mareuil Aissi cum cel c’am’e non es amaz (BdT 30.3), della cobla di Cerveri de Girona Gentils domna, vençans humilitatz (BdT 434.7d), del sirventese di Sordello Qui be·is membra del segle qu’es passatz (BdT 437.29) e della cobla anonima Tout enaissi com Deus fo emcolpaç (BdT 461.235). L’editore, sulla scia di F. W. Maus, Peire Cardenals Strophenbau in seinem Verhältniss zu dem anderer Trobadors, Marburg 1884, pp. 57-8, e John H. Marshall, «Imitation of Metrical Form in Peire Cardenal», Romance Philology, 32, 1978, pp. 18-48, a p. 25, riconosce il modello metrico di Cardenal nella canzone di Arnaut de Mareuil.

Note: Il sirventese non presenta elementi datanti. Non aiuta ai fini della datazione l’affinità che lega questo componimento al sirventese di Sordello Qui be·is membra del segle qu’es passatz (BdT 437.29), denunciata già da Maus, p. 58, e da Cesare De Lollis, Vita e poesie di Sordello, Halle 1896, p. 131: mentre secondo De Lollis, seguito poi da Boni (Marco Boni, Sordello. Le poesie, Bologna 1954, pp. cxxviii-cxxix), sarebbe Sordello ad imitare Cardenal, Lavaud (pp. 524-525) ritiene che sia avvenuto l’inverso. L’editore considera impossibile stabilire la direzione dell’imitazione e nota che comunque essa non risulterebbe di grande utilità ai fini della datazione del testo, visto che neppure il sirventese di Sordello è databile con precisione. – L’editore delinea uno stemma codicum che oppone il solo T a CRIK, accomunati dall’omissione di qu al v. 26 e dalla sostituzione della terza persona singolare con la terza persona plurale ai vv. 4, 5, 19, 20, 21, 26, 29-32 (ai vv. 4, 5, 19, 29 si noterà che la lezione di CRIK è sicuramente erronea, perché il participio passato in rima con -z flessionale non può accordarsi con un soggetto plurale). – Il v. 1 è ipometro in tutta la tradizione: si veda il commento di Vatteroni, che ricorda anche gli emendamenti proposti dai precedenti editori (Le poesie, p. n. 1). Egli individua inoltre una fonte biblica per l’incipit. – L'espressione trobar legen del v. 2 vale trovare nella Sacra Scrittura’. – Come puntualizza l’editore (Le poesie, p. n. 7), il Lazzaro del v. 7 è da identificarsi con il mendico di cui parla il Vangelo di Luca, personaggio diverso dal Lazzaro di Betania, resuscitato da Gesù. Questo personaggio ricorre in diversi componimenti trobadorici: la canzone Una chanson ai facha mortamen di Peire Vidal (BdT 364.50), la canzone di crociata En honor del pair'en cui es di Pons de Capduelh (BdT 375.8), il devinalh anonimo Sui e no suy, fuy e no fuy (BdT 461.226); l’editore segnala anche un parallelo con l’innologia mediolatina. – Al v. 12, l’editore, come già Lavaud, accoglie a testo la lezione fols di R(IK), contro C fels, T fals: secondo la sua opinione, «in Cardenal [...] follia è spesso sinonimo di peccato» (Le poesie, p. 164, n. 12, ove viene citata anche un’ampia bibliografia in proposito). – Al v. 18. trobar n’es è forma di futuro separato. – Al v. 34 l’editore si discosta dalla lezione di Lavaud, che seguiva T e stampava e qui non a·l poder aia·l talan: a suo parere è preferibile la lezione di CR(IK), perché «in questa cobla come nella precedente la parola-rima del quinto verso è ripresa nel corpo del verso successivo (26-7 baratz, baratz; 33-4 donatz, don); nella cobla III la ripetizione è tra la fine del quarto e il quinto verso (18-9 aconseilhatz, conseill)». L’editore segnala poi un confronto con i vv. 7-11 della canzone di Matfre Ermengau Dregz de natura comanda (BdT 297.4).

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