I.
II.
III.
I. Come pretendente ardito ho messo il mio desiderio in lei, che per il grande valore vince tutte le valenti; ed è tanto e bella e tanto piacente che la sua persona gentile e gioiosa – che sempre s’affina – supera ogni piacevolezza, quanto a piacere. Però poco vale il mio sapere, giacché una tale esperienza e un amore come questo distruggono del tutto coloro che amano; e se Mercede non mi protegge non conosco altra protezione, anzi morirò celando [il mio amore] e soffrendo, tanto patisco duramente; poiché non oso dirle quanto io desideri la sua gentile e gaia persona – che mi piace, [e] dove ritrovo ormai bellezza con pregio vero e con conoscenza –, non oso rivelarmi in alcun modo, anzi, parola mia, mi inquieto quando vedo che guarda verso di me, tanto la amo con timore.
II. Se bene amando del bene si ottiene, giusto è che io ne ottenga, giacché in alcun modo da Amore mi difendo né penso di [dovermi] difendere, e tanto è preziosa la gioia che attendo che nemmeno desidero di attenderla. Dio permetta che la bella a cui mi rendo mi conceda ricompensa, e se le aggrada risarcirmi avrò un ricco risarcimento; e Mercede, che fa abbassare l’orgoglio, prego che in lei discenda, e Amore, che verso di me avanza, prego che avanzi verso di lei, cosicché il male che sento e provo lei [possa] e sentirlo e provarlo, così da avere un male in comune; lei gioca e ride di me al punto da uccidermi, poiché [la] amo da quando la vidi: Amore le faccia pagare caro l’avermi legato [a sé] con la sua bellezza, ma né me ne lamento né la amo; smetto di amarla, anzi, la amo, poiché vuol tenermi avvinto con il più bel laccio del mondo.
III. Perciò a lei, di cui sono perfetto amante, porto tanto perfetto amore che allegrezza e [vantaggio] sono per me il danno, e gioco e danza [sono] la morte; giacché lei, con le sue belle sembianze, mi ha messo nel cuore la sua sembianza, che mi guarisce quando sono ammalato della mia malattia. E se Amore grazie alle mie preghiere riesce a lanciarle la sua lancia, avrò felicità più di tutti coloro che sono felici; e io non sono per niente dubbioso, anzi so senza dubbio che sono Andrea, per cui sarò costante, ed ella è Costanza, giacché, quando vedo il suo bel viso – avvenente, ridente, gaudente, piacente –, e la [sua] persona cento volte più [bella], non credo che mi annichilisca, poiché ho fiducia che i suoi begli occhi mi siano di sostegno tale che Mercede mi porti al porto [di salvezza], dal momento che in altro modo non ho speranza [di giungervi].
5 ez es] ses 6 cors] cor 9 paucs] pauc 22 que·us] ques; per lei] plei 44 Amors] amor 55 malananz] malananza 57 lanz] lanza 62 doptanza] doptaza
1. entendenz: il termine in questo caso ha il significato di ‘pretendente’ piuttosto che quello di ‘amante’ (cfr. Glynnis Cropp, Le vocabulaire courtois des troubadours de l’époque classique, Genève 1975, pp. 58-59).
5. ez: l’emendatio proposta si discosta dalle soluzioni di Capusso («mas»), e di Kolsen e Rivière («qe»).
17. que: il testo di Capusso presenta invece la lezione q’eu.
63. Andreu: Raimon Bistortz si riferisce ad Andrea di Francia (o di Parigi), protagonista di un perduto romanzo nel quale muore d’amore per la regina di Francia, caso paradigmatico per i trovatori (vedi in ultimo Paolo Di Luca, «Il Roman du Comte de Toulouse. Un frammento di chanson de geste occitana?», Quaderni di filologia e lingue romanze, 29, 2014, pp. 7-36, alle pp. 11-12). Vedi anche Lai on fins pretz nais e floris e grana (BdT 461.144), v. 36. – costanz. Nell’aggettivo è iscritta l’etimologia di Costanza (v. 37): per un altro jeu de mots a sfondo etimologico vedi anche Aissi co·l fortz castels ben establitz (BdT 416.1), v. 51.
Edizione, traduzione e note: Luca Gatti. – Rialto 27.ix.2018.
F 43v (Ramonz bistortz darle).
Edizioni critiche: Adolf Kolsen, «Drei altprovenzalischen Dichtungen», in Mélanges de linguistique et de littérature offerts à Alfred Jeanroy, Paris 1928, pp. 375-385, p. 381; Jean-Claude Rivière, «Raimon Bistortz d’Arles», L’Astrado, 21, 1986, pp. 29-72, p. 40.
Altre edizioni: Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981, p. 119 (testo Kolsen); Maria Grazia Capusso, «Raimon Bistortz d’Arles, Aissi com arditz entendenz (BdT 416.2)», Lecturae tropatorum, 9, 2016, in rete, 46 pp., p. 29 (testo Rivière).
Si riproduce la grafia del manoscritto unico e si correggono gli errori morfologici (vv. 6, 9 e 44). Si notano alcuni errori derivanti dalla confusione fra rime maschili e femminili (vv. 55 e 57). Il ms. non presenta l’esecuzione delle lettrines, quantunque siano leggibili le lettere guida per il miniatore.
Metrica: a8 b5’ a8 b5’ a8 b5’ a8 b5’ a8 b5’ a8 b5’ a8 b5’ a8 b5’ (c)c4+4 (d)d4+d2+2 (d)d2+6 b5’ (e)e4+4 (f)f4+f2+2 (f)f2+6 b5’ (Frank 223:4). Tre coblas singulars di ventiquattro versi. Rime: -enz, -en, -anz (a), -enza, -enda, -anza (b), -ir, -al, -is (c), -ai, -i, -en (d), -an, -at, -oill (e), -ei, -am, -ort (f). Rim derivatiu ai vv. 1-2, 3-4, 5-6, 7-8, 9-10, 11-12, 13-14, 15-16 di ogni cobla: si alternano sistematicamente uscite maschili a uscite femminili. Condividono lo schema metrico Aissi com arditz entendenz la pastorella di Joyos de Toloza – tràdita solo dal canzoniere C – L’autrier el dous temps de pascor (BdT 270.1) e, con variazione del legame interstrofico (due coblas unissonans), lo scambio di sirventesi – tràdito solo dal canzoniere H – Lantelm, qui·us onra ni·us acoill ~ Lanfranc, qui·ls vostres fals digz coill (BdT 282.13 = 283.1).
Canzone cortese dedicata a una Costanza (v. 64), sulla cui identificazione con Costanza d’Este si vedano le Circostanze storiche.