Rialto

437.7

 

Sordel

 

 

 

 

Bel mes ab motz leugiers a far

chanson plazen et ab guay so,

que·l melher que hom pot triar,

4

a cuy m’autrey e·m ren e·m do,

no vol ni·l plai chantar de maestria;

e mas no·lh plai, farai hueymais mon chan

leu a chantar e d’auzir agradan,

8

clar d’entendre e prim, qui prim lo tria.

 

Gen mi saup mon fin cor emblar,

al prim qu’ieu miriey sa faisso,

ab un dous amoros esguar

12

que·m lansero siey huelh lairo.

Ab selh esguar m’intret en aisselh dia

Amors pels huelhs al cor d’aital semblan,

que·l cor en trays e mes l’a son coman,

16

si qu’ab leys es, on qu’ieu an ni estia.

 

Ai, cum mi saup gent esgardar,

si l’esgartz messongiers no fo,

dels huelhs que sap gent enviar

20

totz temps per dreg lai on l’es bo;

mas a sos digz mi par qu’aiso·s cambia:

pero l’esgar creirai; qu’ab cor forsan

parl’om pro vetz, mas nulh poder non an

24

huelh d’esgardar gen, si·l cor no·ls envia.

 

E quar am de bon pretz ses par,

am mais servir lieys en perdo

qu’autra qu’ab si·m degnes colgar;

28

mas no la sier ses gauzardo,

quar fis amicx no sier ges d’aital guia,

quan sier de cor en honrat loc prezan:

per que l’onors m’es guazardos d’aitan,

32

que·l sobreplus non quier, mas be·u penria.

 

Vailla·m ab vos merces, dolza enemia,

no m’auziez, s’eu vos am ses enjan:

qe me suffratz qe·us serv’ab ferm talan,

36

tal don deman, ni estre non deuria.

 

 

 

Testo: Boni 1954 (IV). – Rialto 3.xi.2005.


Mss.: C 263v (senza la tornada), F 9v (vv. 1, 9-16), H 50r (vv. 9-16, 33-36), T 280r (vv. 9-16).

Edizioni critiche: Cesare De Lollis, Vita e poesie di Sordello, Halle, Niemeyer 1896, p. 181; Sordello, le poesie, Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario a cura di Marco Boni, Bologna, Palmaverde 1954, p. 21; James J. Wilhelm, The Poetry of Sordello, edited and translated, New York - London, Garland 1987, p. 14.

Metrica: a8 b8 a8 b8 c10’ d10 d10 c10’ (Frank 421:27). Quattro coblas unissonans di otto versi e una tornada di quattro decasillabi. Da segnalare il lapsus di Boni, che nello schema metrico inverte gli ultimi due elementi e scrive «c’10 d10» anziché «d10 c10’» (p. 22). Il metro individua un corpus di sette componimenti che condividono anche le rime: oltre a questa canzone, probabile modello, troviamo una cobla di Sordello (BdT 437.3), un sirventese di Bernart d’Auriac (BdT 57.2), una cobla di Blacasset di risposta a Sordello (BdT 96.9), un sirventese di Folquet de Lunel (BdT 154.1), la tenzone fra Guigo de Cabanas e “Bernart” (BdT 197.1a) e la “cobla in sei lingue” di Cerveri de Girona (BdT 434a.40). Frank suggeriva la possibilità di riunire a Bel m’es la cobla 437.3: la sua ipotesi, fondata unicamente sull’identità metrica, non è stata raccolta dalla critica. 

Note: La canzone non presenta elementi utili alla datazione. – La tradizione manoscritta denuncia chiaramente una circolazione autonoma della cobla II, come conferma anche la testimonianza di Blacasset: la sua cobla con tornada Per cinq en podetz demandar (BdT 96.9) risponde ironicamente all’affermazione sordelliana d’aver subito il furto del cuore per opera della donna. Quanto ai rapporti fra i testimoni, Boni ricostruisce dubitosamente uno stemma che prevede C da una parte e dall’altra H ed F, da un ascendente del quale deriverebbe T (sarebbe errore comune la lezione del v. 16 o qe sia T, o qe·m sia F, contro ni estia C, ni m’estia H). Segnalo che per un curioso lapsus vengono scambiati F ed H, per cui si ipotizza una vicinanza tra T ed H, espressa anche dallo stemma (p. 21). Le ragioni dell’argomentazione e la successiva affermazione che H mancherebbe della tornada rendono evidente che Boni ha confuso F con H: è F ad essere privo della tornada ed è F a presentare una lezione avvicinabile a quella di T. – Boni emenda al v. 3 la lezione quar melhor del ms. C: mentre la forma melhor è sicuramente erronea, la lezione quar è mantenuta a testo da Wilhelm come da De Lollis, che giustificava l’assenza dell’articolo interpretando “melher que hom pot triar” come senhal (p. 281). Sia Levy che Appel, recensendo l’edizione De Lollis, espressero dubbi sulla verosimiglianza di un senhal siffatto e proposero di emendare il verso reintroducendo l’articolo, come fa Boni (si legga la sua nota, p. 24). – Il v. 8 è di difficile interpretazione: Boni traduce dubitosamente «limpido ad intendersi e semplice, se lo si accetta semplicemente» (ma si leggano le sue considerazioni a p. 24). Egli appoggia la sua interpretazione su un passo di Raimbaut d’Aurenga in cui l’aggettivo varrebbe, sulla scia di Raynouard, ‘leggero, facile’: «En aital rimeta prima / m’agradon lieu mot e prim / bastit ses regl’e ses linha...» (BdT 389.26, vv. 1-3). A me pare che anche in questo caso il termine mantenga l’accezione di ‘ottimo, eccellente’ che ha abitualmente quando ricorre, e ciò avviene piuttosto spesso, a caratterizzare la maniera poetica: l’eccellenza del canto, a sua volta, può essere messa in relazione alla semplicità o alla difficoltà del canto. In questo secondo caso il termine assumerà più propriamente il significato di ‘sottile, limato, composto ad arte’ – si confrontino segnatamente Arnaut Daniel BdT 29.6, Aimeric de Peguilhan BdT 10.47, Lanfranco Cigala BdT 282.5, mentre in altri casi l’aggettivo conserverà un significato più genericamente positivo – si leggano, oltre al citato Raimbaut d’Aurenga, Bartolomeo Zorzi BdT 74.8 e 74.13, Folquet de Lunel BdT 154.7, Giraut de Borneill BdT 242.26 e Cerveri de Girona BdT 434.9, 434.13 e 434a.43. Per il significato di triar credo possa risultare utile un confronto con Peirol BdT 366.33 (vv.37-38: «Adoncs m’o sai ieu ben pensar / e bos motz triar e vezer...») e Raimon Gaucelm BdT 401.9 (v. 4: «ni sai belhs digz ni azautz motz triar...»): mi pare che il senso del verbo dovrebbe essere ‘selezionare (ai fini della composizione)’. Sordello sta descrivendo il suo nuovo modo di poetare: la quarta caratterizzazione, dopo il chantar, l’auzir e l’entendre, riguarda il triar (il ‘comporre’): i vv. 6-8 affermerebbero quindi «...oramai fabbricherò un canto facile da cantare, piacevole da ascoltare, chiaro da intendere ed eccellente se lo si compone eccellentemente». – Per il motivo degli occhi fautori dell’innamoramento e per quello del furto del cuore si consultino le ricche note di De Lollis (pp. 80-81 e 282). – Sordello utilizza il senhaldolza enemia” (v. 33) anche nella canzone Er encontra·l temps de mai (BdT 437.4a): sulla questione, di fatto irrisolta, dell’identità della donna celata da questo epiteto si veda la sintesi approntata da Boni (pp. LXV-LXVI). – Il v. 36 risulta di difficile interpretazione: mentre Mussafia e Schultz-Gora proposero due diversi emendamenti (per una sintesi della questione si legga Boni, p. 25), De Lollis, come Appel e poi Boni, tenta di giustificare la lezione del ms. Questi ultimi due studiosi, in particolare, intendono ni deuria estre “non” (dando a ni valore negativo) e traducono rispettivamente «und nicht sollte ‘nein’ sein» e «e non mi dovrebbe essere negato» (Boni, p. 25). La difficoltà sintattica che presenta questa interpretazione verrebbe forse lenita dall’introduzione di un secondo non (il verso emendato risulterebbe quindi: ni estre “non” non deuria, con sinalefe ni estre), che potrebbe facilmente essere caduto nella copia.

[eg]


BdT    Sordel