La datazione della canzone può essere fondata sulla base della strofa VI, ma non può pretendere d’approdare ad una precisione inconfutabile; la strofa in questione fa riferimento all’intenzione dell’io lirico di intraprendere un viaggio di romavia, di “pellegrinaggio”, part Lombardia “oltre, al di là della Lombardia”, cioè l’Italia. L’intenzione e il viaggio stesso di Gaucelm Faidit sono confermati da altri testi, quali BdT 136.3, 167.9, 167.14, 167.19, 167.33, 167.36, 167.50, 167.58. Come spesso avviene in questo trovatore, il dato biografico è volutamente mescolato alla finzione cortese della canzone (si veda l’edizione di BdT 167.33, 167.36, 167.58; persino nel canto di ritorno BdT 167.19 vi è l’innesto di un tema cortese nella str. II), sicché chi dice io nel testo afferma di non poter partire senza essersi preventivamente riconciliato con la dama, dalla quale egli è fuggito dopo che ella l’aveva gratificato (str. IV; amplificato nella str. V). Questo tema è un vero e proprio marchio di fabbrica di Gaucelm (si veda, su questo sito, il commento a BdT 167.36 con citazione dei luoghi paralleli e bibliografia e, inoltre, il commento a BdT 167.33) ed è, pertanto, improbabile che si tratti di un elemento autobiografico; sarà piuttosto un elemento finzionale, sfruttato per introdurre un blando accenno d’autobiografia (dunque, non bisognerà prenderlo come indizio d’un litigio intercorso tra Gaucelm e la dama – e specificamente Maria de Ventadorn –, così come preteso da Mouzat, Les poèmes..., p. 449). Tale accenno si fonda, inoltre, su un evidente precetto evangelico, in quanto fa sicuro riferimento a Matteo 5, 22-24: «Io, invece, vi dico: chiunque s’adira con il suo fratello sarà sottoposto al giudizio (...). Se dunque tu sei per deporre sull’altare la tua offerta e là ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa a tuo carico, lascia la tua offerta davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; dopo verrai ad offrire il tuo dono» (si veda anche la nota ai vv. 53-54); il concetto è ribadito al v. 55 con la menzione della patz (che rinvia senza dubbio al liturgico osculum pacis) e al v. 60 con la menzione del perdono divino, che suggella la strofa. Gaucelm gioca, dunque, con il tema amoroso prediletto (la fuga ingiustificata dalla dama, intesa come torto dal punto di vista cortese e come peccato da quello cristiano) e, in virtù della reminescenza evangelica ben nota agli ascoltatori, può collegare il tema cortese all’intenzione biografica di compiere un pellegrinaggio in Terra Santa – per così dire – con le carte in regola. Che si tratti della Palestina, è reso chiaro dalla determinazione geografica contenuta nel complemento part Lombardia: per chi veniva dalla Francia, un pellegrinaggio «al di là dell’Italia» mirava senza dubbio a Gerusalemme. La Lombardia si ritrova anche in BdT 167.14, v. 52, dove Gaucelm dice che vi lascia Mon Thesaur (Bonifacio I di Monferrato), sicuramente dopo che questi fu nominato capo della crociata nell’agosto del 1201 (cfr. v. 53). Vincenzo De Bartholomaeis (Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, pp. 104-105 e «Due ‘coblas esparsas’ inedite del sec. XIII», Studi medievali, 7, 1934, pp. 64-71) collega i due luoghi testuali e conclude che, poiché, dopo essere stato eletto capo della crociata a Soissons nell’agosto del 1201, Bonifacio tornò in Italia solo nel marzo del 1202, Gaucelm avrebbe potuto dire che lo lasciava in Italia o perché egli stesso stava rientrando in Provenza o perché egli partiva in pellegrinaggio. Ma la prima possibilità (che Gaucelm lasci in Lombardia Bonifacio perché torna in Provenza) sarebbe accettabile solo se Gaucelm fosse partito più tardi rispetto alla partenza dei crociati da Venezia nell’ottobre del 1202 (cfr. l’opinione di Lewent e Crescini riguardo al 1203 più avanti), altrimenti si dovrebbe dedurre, su queste basi, che egli abbia compiuto un viaggio dall’Italia alla Provenza e un secondo viaggio dalla Provenza all’Italia nel giro di pochi mesi nella primavera ed estate del 1202, ciò che è inverosimile (comunque per tale ipotesi propende implicitamente Robert Meyer, Das Leben des Trobadors Gaucelm Faidit, Heidelberg 1876, pp. 42-43). Giacché di una partenza ritardata al 1203 non vi sono prove (tale non è neppure l’accenno contenuto in BdT 167.36, su un ritardo occorso al trovatore; cfr. sotto), è dunque più che probabile che la str. VI di BdT 167.14 sia stata composta a ridosso della partenza da Venezia (dunque Gaucelm dice che lascia Bonifacio in Lombardia perché il trovatore parte da Venezia con il grosso della spedizione nell’ottobre 1202, mentre Bonifacio li raggiungerà a Zara solo più tardi: cfr. Datazione di BdT 167.14 su questo sito). Identica intenzione potrebbe essere espressa anche nella str. VI di BdT 167.6. Se quindi le due menzioni della Lombardia (in BdT 167.14 e BdT 167.15) fossero da collegare e si riferissero all’attraversamento dell’Italia al fine di raggiungere l’imbarco verso la Terra Santa, bisognerebbe concludere che la nostra canzone sia stata composta qualche tempo prima della partenza di Gaucelm in direzione di Venezia all’incirca nel 1202; tale datazione è indirettamente confermata da altri accenni dell’autore alla propria partenza e al proprio viaggio, collocabili in quell’anno (cfr. Datazione di BdT 167.9, 167.14, nonché BdT 167.36). È pur possibile che con la menzione della Lombardia Gaucelm volesse semplicemente indicare l’intenzione di percorrere, nella prima fase del pellegrinaggio, la via terrestre per l’Italia (che era quella più comune e meno costosa) e non la via marittima che da Marsiglia o Genova cabotava il Tirreno, toccando Napoli e Salerno, fino a Reggio o Messina, per raccordarsi poi alle rotte che partivano dalla Puglia (quelle più usate dai pellegrini in questo periodo); questa considerazione non influisce sui termini cronologici della questione, ma geograficamente rende estremamente inverosimili le supposizioni di Kurt Lewent (Das altprovenzalische Kreuzlied, Erlangen 1905, p. 25 e «Zu einer neuen provenzalischen Cobla und einem Liede des Gaucelm Faidit», Neuphilologische Mitteilungen, 37/2, 1936, pp. 81-85, a p. 84), sostenuto da Vincenzo Crescini («Canzone francese d’un trovatore provenzale», Atti e memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, 26/1, 1910, pp. 63-105, in part. 79-86), secondo i quali Gaucelm sarebbe partito da Marsiglia nel 1203: per la determinazione dell’anno di partenza Lewent e Crescini trascurano il v. 52 di BdT 167.14 e si appoggiano piuttosto al ritardo espresso in BdT 167.36, canzone, tuttavia, composta tra 1199 e il 1202, senza che si possa meglio precisare la data e senza che da essa si possano trarre garanzie cronologiche (Gaucelm vi dice che partirà con un po’ di ritardo per un pellegrinaggio, ma nessuno può dire con esattezza quando egli avesse originariamente programmato di partire, né quindi a che epoca si collochi tale ritardo). Inoltre, i due studiosi si giovano di vacue interpretazioni della seconda tornada di BdT 167.9, che menziona Baldovino delle Fiandre e il pros marques Bonifacio I di Monferrato (a proposito della seconda tornada di BdT 167.9 si veda l’edizione su questo sito, ma anche i dubbi da me espressi nell’edizione di BdT 167.58, nota alla str. VII, circa la sua soppressione nel testo di Meliga): tale tornada invoca la protezione divina e il buon esito del viaggio sia per i pellegrini sia per Baldovino e Bonifacio e, lungi dal palesare un momento cronologico preciso, è stata probabilmente composta in itinere (si veda ancora BdT 167.58, Datazione e nota alla str. VII). Ancora, Lewent e Crescini si richiamano all’uso dei modi verbali della nostra str. VI (condizionale II dell’irrealtà), dove tuttavia l’irrealizzabilità della frase ipotetica non è da riferirsi al viaggio che non è affatto incerto, bensì al perdono della dama che è ancora in dubbio. La loro datazione mostra pertanto scarsi margini di credibilità. Infine, registro altre due ipotesi poco sostenibili: fondata sul presupposto evanescente ed errato che i rapporti tra Gaucelm Faidit e Maria de Ventadorn, a cui è dedicata la tornada trasmessa solo da AIK, si siano esauriti entro il 1195, è la datazione di Mouzat, che riferiva il testo al 1189 o al più tardi all’inizio del 1190; l’infondatezza di tale prospettiva è chiarita da Robert Lug («Gaucelm Faidit et Maria de Ventadorn, vivaient-ils encore en 1235?», in Gaucelm Faidit: amours, voyages et débats. Trobada tenue à Uzerche les 25 et 26 juin 2010 (Cahiers de Carrefour Ventadour 2010), Ventadour 2011, pp. 71-131), Giorgio Barachini («Una (quasi) nuova canzone di Gaucelm Faidit (BEdT 167,4a) e il suo quadro culturale», in Le forme del tempo e del cronotopo nelle letterature romanze e orientali, a cura di Gaetano Lalomia et alii, Soveria Mannelli 2014, pp. 561-579) e Walter Meliga («Gaucelm Faidit et la (les) croisade(s)», in Gaucelm Faidit: amours, voyages et débats, Ventadour 2011, pp. 25-36) e si vedano anche su questo sito le edizioni di BdT 167.33, 167.36 e 167.58: i rapporti tra Gaucelm e Maria sono indatabili con precisione, ma certo improntano di sé l’intera carriera del trovatore, che travalica gli anni della quarta crociata e si conclude dopo il 1206 (l’ultima notizia sicura di Maria è, ad ogni modo, del 1220). Tuttavia, anche le datazioni di Lug sono poco verosimili: una datazione di BdT 167.14 al 1221-1223 (e conseguentemente anche del nostro testo) è respinta a ragione da Meliga nell’edizione del testo su questo sito (in particolare nella nota al v. 52).