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Guillem Figueira, Totz hom qui ben comense ben fenis (BdT 217.7)


 

Circostanze storiche

 

 

 

Totz hom qui ben comens’e ben fenis (BdT 217.7) è il più antico testo di Guillem Figueira. Il componimento è databile dopo l’incoronazione a re dei Romani di Federico II, avvenuta ad Aquisgrana il 25 luglio 1215, in occasione della quale il sovrano prese la croce e si impegnò a organizzare spedizione in Terrasanta (cfr. Stürner 2009, pp. 252-26; Kantorowicz 1976, pp. 63-70). L’appellativo Reis, attribuito a Federico II ai vv. 34 e 49, suggerisce invece che la canzone di crociata debba essere collocata prima dell’incoronazione imperiale del 22 novembre 1220 (Levy 1880, p. 2; De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 209; Guida 1992, p. 231).

Il testo presenta molti temi convenzionali delle canzoni di crociata dei trovatori e si configura come una sorta di sermone in versi. Fin dalle prime strofi, infatti, Guillem introduce considerazioni di ordine generale a sfondo moralistico incentrate sulla necessità di servire Dio attraverso la fede e le azioni concrete e presenta la crociata come un frug de penedensa (v. 51) che i cristiani devono mangiare prendendo la croce. Solo nella quinta strofe il trovatore si riferisce a Federico II: il suo impegno per la crociata è visto come un evento dettato dalla volontà divina. È Dio infatti ad aver spinto il sovrano a perseguire gli infedeli, colpevoli di aver offeso Cristo e il Santo Sepolcro. La spedizione in Terrasanta è descritta come frug que non peris (v. 33), con una ripresa del passo del vangelo di Giovanni (6, 27): «Operamini non cibum qui perit, sed qui permanet in vitam aeternam». La tornada è indirizzata direttamente a Federico: il sovrano viene descritto come figlio, o meglio frutto, delle virtù tipicamente cortesi di joven, pretz e conoyssensa, sempre ricercate dai trovatori nei loro mecenati. Ma l’esaltazione e l’elogio cortesi sono subordinati all’impegno in nome di Dio in Terrasanta. Soltanto mangiando il frutto della penitenza, ossia partendo per la crociata, Federico può trovare il degno compimento del suo ruolo di sovrano, dopo gli inizi così promettenti agli occhi del trovatore. L’affermazione sentenziosa che apre il componimento (vv. 1-2), già riproposta in chiasmo al termine della prima stanza (v. 7), è ripetuta nell’ultimo verso del congedo, in una sorta di chiusura circolare del componimento: «feniretz be lo bon comensamen» (v. 52). Il buon inizio a cui allude Guillem è la promessa da parte di Federico di partire per la crociata.

Il sovrano decise di prendere la croce in occasione di un evento solenne e rappresentativo come l’incoronazione a re dei Romani che ebbe luogo nella Marienkirche di Aquisgrana, la chiesa palatina fondata da Carlo Magno. Questa cerimonia si verificò in un momento storico importante e fortunato per Federico. La battaglia di Bouvines, avvenuta un anno prima, si concluse con la vittoria risolutiva contro il rivale imperiale Ottone IV e i mesi a cavallo tra 1214 e 1215 erano stati decisivi per il consolidamento del potere del partito svevo (Stürner 2009, pp. 246-271). Date le circostanze storiche particolari, l’incoronazione di Aquisgrana, oltre a ricoprire un valore simbolico, assumeva una valenza politica rilevante. Federico affermava il suo potere nella città imperiale per definizione, appena strappata al rivale, e il suo voto per la crociata potrebbe costituire a sua volta un gesto di comunicazione simbolica di rilevanza politica (cfr. Kantorowicz 1976, p. 63). Mediante l’impegno per la crociata, è possibile che il sovrano volesse assicurarsi l’appoggio del papa in un momento in cui il suo dominio non era ancora stabilmente affermato (Houben 2013, p. 24).

Non va d’altro canto sottovalutata l’atmosfera carica di fervore devozionale di quegli anni, alla cui formazione contribuirono eventi straordinari, come la cosiddetta crociata dei fanciulli e l’opera di predicazione di messi papali in Germania come Giovanni di Xanten, Oliviero di Colonia e Giovanni di Hildesheim, tutti presenti alla cerimonia di incoronazione di Aquisgrana (cfr. Alphandéry - Dupront 1974, pp. 348-350). Il voto per la crociata è stato dunque considerato da alcuni storici come un evento esemplificativo della religiosità personale di Federico e come un’azione mediante la quale egli volesse rendere grazie a Dio per gli inaspettati successi ottenuti in Germania e mostrarsi ai suoi sudditi come un sovrano esemplare (cfr. Stürner 2009, p. 265; Schaller 1997).

Il voto per la crociata di Federico produsse notevoli effetti in tutto l’Occidente e impressionò l’opinione pubblica contemporanea. Le reazioni positive suscitate da questo evento sono ben rappresentate proprio da Totz hom qui ben comens’e ben fenis, che costituisce una testimonianza della sentita partecipazione alla situazione della Terrasanta anche da parte di circoli decisamente ostili al papato (Guida 1992, p. 231). Guillem Figueira può infatti essere considerato portavoce degli ambienti in aperto dissenso con la Chiesa, come dimostra la sua produzione poetica apertamente ghibellina e anticlericale, rappresentata chiaramente dalla sua opera più conosciuta, il lungo sirventese contro la curia romana, D’un sirventes far (BdT 217.2).

 

 

Bibliografia

 

Alphandéry - Dupront 1974

 Paul Alphandéry - Alphonse Dupront, La cristianità e l’idea di crociata, Bologna 1974.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Guida 1992

Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992.

 

Houben 2013

Hubert Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, Bologna 2013.

 

Kantorowicz 1976

Ernst Kantorowicz, Federico II imperatore, Milano 1976.

 

Levy 1880

Emil Levy, Guilhem Figueira, ein provenzalischer Troubadour, Berlin 1880.

 

Schaller 1997

Hans Martin Schaller, «La religiosità dell’Imperatore Federico II», Tabulae del centro studi federiciani, 10, 1997, pp. 33-61.

 

Stürner 2009

Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009.

 

Francesco Saverio Annunziata

29.x.2017


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