Rialto

330.14

 

 

 

Peire Bremon Ricas Novas

 

 

 

 

 

 

Pus partit an lo cor En Sordel e·N Bertrans

 

 

de l’adreg En Blacas, plus me non suy clamans:

 

 

yeu partiray lo cors en mantas terras grans.

4

 

La un cartier auran Lombart et Alaman  

 

 

e Polha e Rossia e Frissa e Brayman:

 

 

trastut vengan en Roma adhorar lo cors san,

 

 

e fassa·y tal capela l’emperayre prezans

8

 

on Pretz sia servitz, Joys e Solatz e Chans.

 

 

 

 

 

L’autre cartier auran Franses ab Bergonhos,

 

 

Savoy’e Vianes, Alvernhat ab Breto

 

 

e·l valen Peytavi, car lor platz messios;

12

 

e si·lh coart Engles y fan cofessios,

 

 

no son tan malastruc que pueys no·ls trop hom bos,

 

 

que·l cors sans es pauzatz en loc religios;

 

 

e·l reys cui es Paris gart lo be dels bricos

16

 

ab sen et ab largueza, qu’enaysi sera bos. 

 

 

 

 

 

Lo ters cartier auran li valen Castelan,

 

 

e vegan l’azorar Gascon e Catalan

 

 

et Aragones, car an fin pretz e prezan;

20

 

e si·l reys de Navarra y ven, sapcha de plan,  

 

 

si non es larcx e pros, jes del cors no veira;

 

 

que·l bos reys castelans lo tenra en sa man,

 

 

que donan e meten lo cors san gardara,

24

 

c’aysi renhet sos avis ab fin pretz sobeyran.

 

 

 

 

 

Lo cart cartier aurem nos autri Proensal

 

 

car si·l donavam tot, trop no·n penria mal;

 

 

e metrem·l a San Gili, com en loc cominal.

28

 

E vengan Roergat e Tolzas atretal

 

 

e silh de Bederres, si volon pretz cabal:

 

 

c’ueymay auran li comte patz ab amor coral,

 

 

e gardara·s cascus, per mon vol, a son sal;

32

 

car grans cortz mentaguda ses donar res no val.

 

 

 

 

 

La testa del cors san trametray veramen

 

 

lay en Iherusalem, on Dieus pres naysemen;

 

 

lay al Saudan del Cayre, sol pren batejamen,

36

 

e prezenti·l la testa, may estiers la·y defen.

 

 

E Gui de Guibelhet, car a fin pretz valen,

 

 

garde be la vertut per la payana gen;

 

 

e si·l reys d’Acre y ven, lays cobeitat d’argen,

40

 

e sia larcx e pros, e gart ben lo prezen.             

 

 

 

 

 

Pus Dieus a preza l’arma d’En Blacas francamen,

 

 

say serviran per luy man cavayer valen.

 

 

 

Testo: Di Luca 2008 (XVII). – Rialto 10.xii.2009. 


Ms.: R 28v.

Edizioni critiche: François-Just-Marie Raynouard, Choix de poésies originales des troubadours, Paris 1816-1821, 6 voll., IV, p. 70; Hermann Springer, Das altprovenzalische Klagelied mit Berücksichtigung der verwandten Litteraturen. Eine literarhistorische Untersuchung, Berlin 1895, p. 100; Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 77 (XX); Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 245.

Altra edizione: Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-86, III, p. 253 (testo Raynouard).

Metrica: a12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 (Frank 5:3). Planh composto da cinque coblas singulars di otto alessandrini, più una tornada di due alessandrini. Lo schema è condiviso da altri sei componimenti: Mout m’es greu d’En Sordel (BdT 76.12); En la mar major sui e destiu e divern (BdT 330.6); Francs Reys humils e cars e d’amoros senblan (BdT 434a.25); Planher vuelh En Blacatz en aquest leugier so (BdT 437.24); Sol que m’afi ab armas tos temps del sirventes (BdT 437.34); Un sirventes vuelh far en aquest son d’En Gui (BdT 457.42). Come si legge dall’incipit, e come dimostra anche la struttura metrica, quest’ultimo sirventese, composto da Uc de Saint-Circ, è stato musicato con la melopea del Gui de Nantueil, canzone di gesta composta alla fine del dodicesimo secolo in lasse monorime di alessandrini; la stessa melopea era stata riutilizzata da Ricas Novas nello scambio di lasse con Gui de Cavaillon (BdT 330.20). I rapporti fra la lassa di Ricas Novas e il sirventese di Uc vanno ben al di là della speculare professione di imitazione: come la lassa di Ricas Novas è monorima, allo stesso modo sono costruite le stanze singulars del sirventese di Uc de Saint-Circ, e la prima di quest’ultimo ha in comune con quella di Ricas Novas la rima in -i. A questo punto si potrebbe agevolmente avanzare l’ipotesi che tutti i componimenti sopra elencati fossero musicati col medesimo son d’En Gui, e che soltanto Uc de Saint-Circ abbia ritenuto opportuno alludere alla fonte musicale nell’incipit del suo sirventese. Questa pista ci porterebbe a stabilire un rapporto genetico fra l’intero gruppo Frank 5 e la lassa di Ricas Novas, dal momento che la composizione di quest’ultima è cronologicamente anteriore a quella di tutti gli altri componimenti. È ipotizzabile che sia stato poi Sordello a riprendere e riadattare in forma strofica lo schema metrico adoperato da Ricas Novas nella sua lassa, giacché il suo planh è il più antico del gruppo Frank 5: egli creò un nuovo modello metrico che avrebbe avuto notevole fortuna e ispirato numerosi rifacimenti. Si vedano a tal proposito Dominique Billy, «L’héritage formel des troubadours dans la poésie occitane des XIVe et XVe siècles», in Actes du IVe Congrès international de l’AIEO (Vitoria-Gasteiz, 22-28 agosto 1993), 2 voll., Vitoria-Gasteiz 1994, vol. I, pp. 19-35, a p. 32; Paolo Di Luca, «Epopée et poésie lyrique: de quelques contrafacta occitanes sur le son de chansons de geste», Revue des Langues Romanes, 112, 2008, pp. 33-60, alle pp. 48-49.La scelta di musicare con una melopea epica dei componimenti in forma strofica implica una soluzione di compromesso fra una versificazione di tipo stichico e una di tipo strofico. I contrafacta in questione, infatti, si servono di una base musicale radicalmente diversa da quella della lirica, che prescrive la ripetizione della medesima frase musicale ad ogni verso; ciò comporta che essi non possano prevedere all’interno di ogni cobla alcuna articolazione interna. Nonostante siano organizzati in periodi dello stesso numero di versi, dunque, non possono essere definiti propriamente strofici: bisognerà parlare di un compromesso formale fra una sequenza di lasse e una di coblas, anche in virtù del fatto che quasi tutti i contrafacta del gruppo sono chiusi da una o più tornadas (si veda Di Luca, «Epopée et poésie lyrique», pp. 39-43). Lo stile epico del planh di Ricas Novas si evince non solo a partire dalla scelta del metro, ma anche dalla presenza di numerose forme assonanzate ai vv. 4, 5, 6, 10, 21, 23, che vengono inframmezzate alle rime.

Note: Planh in morte di Blacatz, che si configura come un rifacimento del celeberrimo compianto di Sordello Planher vuelh En Blacatz (BdT 437.24) scritto per la medesima occasione; prima di Ricas Novas fu Bertran de Lamanon a cimentarsi con un rifacimento del compianto di Sordello, intitolato Mout m’es greu d’En Sordel (BdT 76.12). La critica ha molto discusso sulla datazione dei tre planhs: le varie ipotesi hanno di fatto stabilito una forbice cronologica che va dal 1234 al 1242. La maggior parte degli studiosi tende tuttavia a concordare sulla fine del 1236 e linizio del 1237, soprattutto dopo i lavori di Stanislav Stroński, «Notes sur quelques troubadours et protecteur des troubadours célébrés par Elias de Barjols», Revue des Langues Romanes, 50, 1907, pp. 5-44, a p. 39, «Sur la date de mort de Blacatz», Annales du Midi, 24, 1912, p. 569, e la messa a punto di Marco Boni, Sordello, le poesie, Bologna 1954, pp. lxix-lxxi. Nello specifico, il planh di Ricas Novas sarebbe anteriore alla morte di Giovanni di Brienne (23 marzo 1237), che viene citato come vivente al v. 39. – Se Sordello nel suo planh immagina di spartire il cuore di Blacatz, per poi invitare i più alti esponenti della nobiltà europea a cibarsene, in maniera tale da acquisire quelle virtù in esso insite, delle quali essi sembrano essere del tutto privi, conferendo in questo modo al componimento i toni del sirventese politico, i rifacimenti di Bertran de Lamanon e Ricas Novas vanno in unaltra direzione. Il primo trovatore, ritenendo indegni i vari potenti richiamati da Sordello alla mensa del cuore di Blacatz, invita le donne più valorose del tempo a custodire il cuore del defunto in virtù della loro cortesia, trasponendo così il suo planh in’un ottica di stampo cortese. La strada prescelta da Ricas Novas è di natura ancora differente: egli dichiara innanzitutto di voler spartire non il cuore, bensì il corpo di Blacatz, e di volerne destinare le varie membra ai potenti del mondo intero, allo scopo di esporle alla venerazione dei popoli; non più perché produca cibo destinato a nutrire i sovrani descorat, o cimeli da dare in custodia a nobildonne di riconosciuto merito, lo smembramento del corpo del defunto è auspicato perché fornisca reliquie da adorare cristianamente (si veda Anatole Pierre Fuksas, «Il corpo di Blacatz e i quattro angoli della cristianità», Quaderni di filologia romanza della Facoltà di Lettere e Filosofia dellUniversità di Bologna, 14, 2001, pp. 187-206). In questa prospettiva viene tracciata una particolare geografia della cristianità, intesa come misura del corpo di Blacatz, e vengono evocate personalità, molte delle quali già presenti nell’archetipo sordelliano (si veda la nota a BdT 437.24), deputate a preservarne ed alimentarne il culto: Federico II, Enrico III dInghilterra, Luigi IX di Francia, Thibaud I di Navarra, Ferdinando III il Santo, Raimondo Berengario V e Raimondo VII di Tolosa, Gui de Guibelhet, il sultano dEgitto Malek el Kamel, Giovanni di Brienne. – Nell’ultima cobla si delineano sommariamente le tematiche principali della ricezione dell’avventura delle crociate nelle testimonianze letterarie dell’occidente medievale. Saverio Guida (Canzoni di crociata, Roma 2001, pp. 32-35) mette bene in evidenza il ruolo che trovatori e trovieri ebbero nella diffusione della propaganda della guerra contro gli infedeli: nata come «pellegrinaggio, avventura spirituale, occasione di catarsi individuale e collettiva» (p. 9), la crociata arriva a configurarsi nelle liriche trobadoriche degli inizi del secolo XIII come un ideale ibrido a metà «tra il servizio di Dio e il servizio d’amore, tra il desiderio di honor et paradis da una parte, della douce amie dall’altra» (p. 31), in concomitanza con la trasformazione del cavaliere feudale in cavaliere cortese, e della convergenza di istanze religiose e interessi secolari. La scarna testimonianza di Ricas Novas sul negotium crucis si situa proprio al maturare di questa convergenza: egli depone la più importante reliquia del barone compianto nella città sacra per antonomasia, configurandola, tuttavia, come baluardo da difendere dei principali valori della società cortese; parimenti, l’appello a Gui de Guibelhet affinché difenda la vertut (che sta tanto per la testa di Blacatz stricto sensu, quanto per tutti quei valori di liberalità, prodezza e munificenza che essa simboleggia) dai pagani al v. 38, rende l’evidenza di quell’indebolimento della vocazione religiosa e della tensione spirituale che aveva mosso i primi crociati a favore di una secolarizzazione cortese delle medesime istanze. – Oltre a Gui de Guibelhet, cavaliere che prese parte all’assedio di Damietta nel 1218, nell’ultima cobla vengono evocati due altri personaggi chiave delle crociate: Malek-el-Kamel e Giovanni di Brienne. Il primo è il celeberrimo sultano d’Egitto che visse tra il 1218 e il 1238 e artefice della pace con Federico II, il quale, in un primo momento era stato suo nemico durante la crociata; il riferimento all’eventualità che il sultano debba battezzarsi fa parte della realtà storica: all’epoca delle crociate, Gregorio IX aveva inviato dei religiosi al seguito delle truppe militari per cercare di convertire al cattolicesimo le popolazioni musulmane e, dapprincipio, i loro principi, anche se la maggior parte degli sforzi di questi missionari risultarono vani. Il secondo divenne re di Gerusalemme nel 1210 a seguito del matrimonio con la regina Maria di Monferrato. Volgarmente conosciuto come re d’Acri, alla morte della moglie, fu tutore e reggente della giovane principessa Iolanda, la quale sposò Federico II nel 1225. Subito dopo il matrimonio, Federico usurpò il titolo di re di Gerusalemme, offendendo gravemente il suocero. Gregorio IX gli affidò poi il comando di un esercito che invase il Regno di Sicilia mentre l’imperatore si trovava in Terrasanta. Nel 1229, dopo aver sposato Berengaria, figlia di Alfonso IX di Castiglia, Giovanni divenne reggente per Baldovino II di Costantinopoli e difese l’Impero d’Oriente dagli attacchi greci e bulgari. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Costantinopoli.

[PDL]


Traduzione    English translation and notes

BdT    Peire Bremon Ricas Novas

Canzoni sulle crociate