Testo: Giorgio Barachini, Rialto 25.ii.2020. 1. «La musica del descort è quasi sempre gaia [...], e la ricorrente espressione gai descort sottolinea il contrasto tra la musica allegra e il tono malinconico o disperato delle parole» (Canettieri, “Descort es”, p. 55). Qui è definito gai il son cioè la ‘musica, melodia’ e fa da contrasto alla mancanza di pietà della dama (vv. 5-8). Questo elemento tematico è estremamente diffuso nei descortz occitanici. 4. razon: in opposizione al son del v. 1 è termine tecnico che indica il ‘contenuto’ del testo. 12. Il pronome ·us (che il ms. c duplica anche per il verbo seguente «so·us iur e·us man», con una lezione tutt’altro che errata) non è riferibile a nessun elemento all’interno della strofa. Infatti, dalla strofa I alla strofa V, ad esclusione quindi della strofa VIa che ha funzione di tornada e, come spesso accade in questa porzione di testo, si rivolge direttamente alla dama, il trovatore parla sempre della donna amata riferendosi a lei in terza persona. Non vi è la possibilità dunque di pensare che il trovatore qui si rivolga a lei. È probabile che lo statuto ampiamente eccezionale del genere del descort nella poesia trobadorica e il suo carattere altamente intertestuale e letterario permettessero eccezionalmente di infrangere la finzione lirica e chiamare in causa il pubblico di ascoltatori: a loro è riferibile il pronome in questione. Un altro esempio più trasparente di tale allocuzione è al v. 24. 16-17. Tra la strofa II e la strofa III non c’è interruzione sintattica. Anche questa caratteristica è tipica dei descortz, dove i passaggi veloci tra le strofe assecondavano il mutare della melodia (differente per ogni strofa). Si noti che è probabilmente per questo motivo che il ms. G trascrive insieme le due strofe senza distinguerle e che il ms. c sposta i primi due versi della strofa III (cioè fino al punto in cui si conclude il periodo sintattico) nel blocco testuale della strofa II. 18. Il ms. G legge come a testo, mentre il ms. c dà la lezione: «senz mal et senz dolor». Le varianti pen’ (pena) e mal sono adiafore, nonché semanticamente equivalenti e sinonimiche rispetto al successivo dolor. Seguo il ms. base. 19. Il verso è ipermetro nei due codici, ma dalla lezione di G che dà il pronome «cela» è facile trarre un più raro (e più oscuro, per un pubblico alloglotto) cil (cfr. Jeanroy, recensione a Cavaliere, p. 112, e Canettieri, “Descort es”, p. 614; Jeanroy, recensione a Anglade, p. 307, proponeva di sopprimere bon). Il ms. c legge invece «saisela», rielaborando ulteriormente il passo. Sulla presenza dell’ipermetria si veda il campo Metrica. 21. Per ripristinare la misura esasillabica elimino la congiunzione e tra «fis» e «verais», presente nei codici (così Jeanroy, recensione a Cavaliere, p. 112). La giustapposizione per asindeto è spesso elemento di disturbo nei testi trobadorici. Si può comunque prendere in considerazione anche un intervento su «qaisi·l» > qe·l (Jeanroy, recensione a Anglade, p. 307). 23. Le lezioni dei due codici mostrano che i copisti, senza dubbio italiani, non hanno compreso l’espressione cen tans ‘cento volte’. A creare difficoltà è stato l’uso sostantivato di tans (‘tanto’) plurale tantum nel senso di ‘volta’. Il ms. G omette la s del plurale, mentre il copista di c risegmenta le parole, giungendo a un per lui più chiaro sent ans (‘cento anni’). È la frase del verso seguente che ci garantisce che è necessario leggere cen tans. 24. Per il pronome ·us cfr. nota al v. 12. La lezione dei mss. nos (anche scomponibile in no·s) non ha senso e non corrisponde all’espressione codificata (cfr. Giorgio Barachini, Il trovatore Elias de Barjols, Roma 2015, p. 376, nota a Mas comjat ai de far chanso, BdT 132.8, v. 18). Un errore nos per nous, che si fonda su un’abbreviazione paleografica letta male, è piuttosto diffuso ed è inutile indugiare su rassegne di luoghi paralleli. 26. Su quest’espressione cfr. Barachini, Il trovatore Elias, pp. 323-324, nota a Car compre vostras beutatz (BdT 132.7), v. 7. 27. Tra i due stichi del verso è presente un’anasinalefe, che è un’assimilazione interversale regressiva, qualora vi sia una sillaba eccedente all’inizio del secondo verso o stico. È evidente che un simile fenomeno, molto diffuso nei descortz (Canettieri, “Descort es”, pp. 132-136), veniva facilmente gestito dall’esecutore durante il canto. Lo stesso fenomeno si ripete al v. 29. Sul metro non tetrasillabico dello stico si veda il campo Metrica; qui si tratta di un trisillabo come ai vv. 25 e 31. 29. Per l’anasinalefe cfr. nota al v. 27. 31-36. Per i problemi posti da questi versi rimando alla Nota al testo. 41-44. La prima metà dell’ultima cobla apostrofa la dama in seconda persona. Il repentino passaggio dalla terza alla seconda persona è diffuso nella lirica trobadorica, in particolare in tornada. È quindi chiaro che Peire Raimon ha inteso l’ultima strofa, pur metricamente simmetrica rispetto alle altre (quattro distici in rima ab), come accostamento di due metà, o, se vogliamo, come una doppia tornada, l’una passe-par-tout rivolta alla dama (VIa), l’altra (VIb) al conte di Savoia. Ciò giustifica anche la scelta di numerarle in modo parzialmente diverso. 41. La variante iausiment di c per chausimen di G è probabilmente solo grafica in mss. italiani: cfr. Paolo Squillacioti, Le poesie di Folchetto di Marsiglia, Pisa 1999, e Luca Barbieri, «“Tertium non datur?” Alcune riflessioni sulla ‘terza tradizione’ manoscritta della lirica trobadorica», Studi medievali, 47, 2006, pp. 497-548. 43-44. Intendo «bais» e «’streing» come verbi alla prima persona singolare; non vedo la difficoltà ravvisata da Jeanroy (recensione a Cavaliere, p. 307), che riteneva assurdo che il poeta minacciasse la dama di diminuirne le lodi e asseriva che i due verbi fossero dei congiuntivi. In realtà, il trovatore invoca pietà proprio perché tra i suoi meriti vi è il fatto che non diminuisce mai le lodi della donna. La tesi di Jeanroy si appoggia alla lezione di c, che reca la variante «vostra laudors» al caso soggetto (dunque portando i verbi al congiuntivo). Tale lezione, però, è incoerente nell’uso di «no·us», che nella versione di G è banalmente pleonastico, ma qui dovrebbe essere emendato in «no·s»; inoltre, la forma «’streing» non è un congiuntivo né può essere emendato (’streinga sarebbe ipermetro). Bisogna concludere che la lezione «vostra laudors» di c è semplicemente errata. 45-46. Il comte valen / de Savoia è Tommaso I (1178-1233; regno 1189-1233): su di lui si vedano le Circostanze storiche. 47. Il soggetto di men è ovviamente l’io lirico. [GB] |