I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
7. Il pronome clitico ·lh, così come n’ del verso successivo, sono riferiti da Boni all’amor dell’incipit: egli traduce dunque il passo ‘per la qual cosa io gli sono grato dei mali che soffro per i piaceri che spero di averne’ (la costruzione grazir qsa a qno significa ‘ringraziare qno per qsa’).
16. Il verso è costruito con attrazione del soggetto della proposizione secondaria (son bon pretz): questa costruzione sintattica è piuttosto comune, e ricorre con una certa frequenza anche nei componimenti di Sordello (si consultino in proposito la nota di Boni, p. 49, n. 16, e la bibliografia ivi citata).
17. Boni mantiene la lezione di C per qu’ieu fatz (contro R qui fas e T aci fas); la locuzione faire orguelh significa ‘mostrarsi orgoglioso’.
21-30. La polemica della terza cobla contro l’atteggiamento dei rics in amore è assolutamente canonico, così come l’affermazione del valore della donna che ama un uomo prode ma di umile estrazione: si confronti in particolare la canzone di Guilhelm Montanhagol No sap per que va son joy pus tarzan (BdT 225.9), ai vv. 17-20: «Valors vos ditz que fassatz ben tot dia, / et amors vol qu’ametz, non per dever, / mas lo plus fi, ab qu’aya meyns poder: / qu’on meyns er ricx, mais vos o graziria» (per altri passi paralleli si legga Boni, p. 50, n. 21).
45. La lezione ela es, portata da R (e probabilmente alla base di iglies di T), è stata preferita dall’editore a elays di C, scelta invece da De Lollis: si leggano in proposito le osservazioni di Boni, p. 51, n. 45.
Edizione: Marco Boni 1954; note: Elisa Guadagnini. – Rialto 31.vii.2006.
C 264r, R 36r, T 223r (anonima, in coda ad un componimento attribuito a Peire Bremon Ricas Novas).
Edizioni critiche: Cesare De Lollis, Vita e poesie di Sordello, Halle 1896, p. 185; Marco Boni, Sordello, le poesie, Bologna 1954, p. 45; James J. Wilhelm, The Poetry of Sordello, edited and translated, New York - London 1987, p. 31.
I tre testimoni presentano ciascuno una serie di errori individuali, mentre sono assai labili gli indizi di parentela reciproca: De Lollis tende a raggruppare CR contro T, Boni propenderebbe piuttosto per un accoppiamento di RT contro C. Prudenzialmente, andrà ribadita l’impossibilità di disegnare uno stemma codicum.
Metrica: a8 b8 b8 a8 c8’ c8’ d8 d8 e8 e8 (Frank 592:36). Cinque coblas unissonans di dieci versi di otto sillabe con una tornada di due versi di otto sillabe.
La canzone non presenta elementi datanti. Boni (p. 45 e pp. lxi-lxiiI) sostiene una sua composizione in Provenza forse per Guida di Rodez, ma la sua argomentazione è tutt’altro che stringente: riprendendo una suggestione di De Lollis (p. 32), egli nota un legame fra diverse canzoni amorose di Sordello (BdT 437.17, 437.27, 437.31, 437.36 e, appunto, questa) consistente nella ripetizione dell’espressione salvan (o gardan) s’onor (o simili) riferita alla donna. Se è innegabile che questo motivo possa essere considerato una cifra stilistica di Sordello, e del resto, più genericamente, la tematica morale è senz’altro da considerarsi un argomento particolarmente congeniale alla sensibilità e agli interessi del trovatore mantovano, direi che postulare su quest’unica base l’identità fra le destinatarie o le ispiratrici di diversi componimenti (e a fortiori l’identificazione con Guida di Rodez) è quanto meno azzardato.