I.
II.
III.
IV.
V.
I. Là dove pregio perfetto nasce e fiorisce e dà frutto con begli atti graziosi e con sicuro valore vorrei essere con colei che è superiore in ogni virtù, disponibile, dolce e affabile, e anche se mi è diventata lontana, là dove primavera non si allontana né illanguidisce,
II. mi ricordo l’atteggiamento, e il bel viso porto nel cuore, perciò non cambio stato; la vinca pietà, perché gran soggezione me ne prende, e la sofferenza mi fa così male che perdo l’orientamento. E conoscenza, che rende perfetta ogni virtù, prego che le dia animo, e, se io dico cose gentili, che non le siano sgradite;
III. ché se io contemplo e penso e ripenso allo sguardo e al sorriso e ai bei gesti che vidi fare vieppiù Amore me la fa desiderare, e i desideri per lei mi possono uccidere, come potrò sopportare una tale sofferenza? «Pazzo, perché sopportando conquista il fino amante, secondo il mio parere, tanto da smuoverne il cuore». Prima si può uccidere! «Non accade mai, se si ama bene, sinceramente, senza animo mutevole».
IV. Amico senza menzogna e senza inganno sono per la mia amica, tanto che il cuore mi impedisce di essere di un’altra. Il suo potere, che mi tiene avvinto, rimprovera la mia arte, dicendo che sarei bugiardo e non avrei speranza nella sua mercé. Vorrei tanto attenderla, se lei acconsentisse con la sua cortesia che il mio cuore osasse dirle, e altro non chiederebbe:
V. non abbia timore che io finga, che io ne soffra e si sminuisca ai miei occhi; piuttosto ad Andrea di Francia somiglio per la speranza, che morì senza lancia per un dolce desiderio.
VI. Donna Giovanna innalza d’Este pregio e onore, perciò affrettati là, discordo, con fiducia.
1. L’incipit del componimento ricorre, quasi identico, in Aital chansoneta plana (BdT 242.4), v. 50: «Lai on pretz floris e grana». La iunctura floris e grana, assai frequente nella lirica trobadorica, ricorre anche nel descort di Elias Cairel Qan la freidors irais l’aura dousana (BdT 133.10), v. 2: «qand flors grana», nonché in Arnaldon, per na Johana (BdT 461.27a) al v. 9.
2 valor certana. Altri esempi in Un sirventes farai d’una trista persona (BdT 236.11), v. 15, nonché in Si ma dompna N’Alais de Vidallana (BdT 457.36), v. 9.
3 soberana. Epiteto ricorrente di Giovanna, qui traslato in «soberana / de totz los bens», è «de pretç soverana», per cui vedi Arnaldon, per na Johana (BdT 461.27a), v. 5. Forse la più antica attestazione dell’epiteto «de pretz soberirana» si trova in Guilhem de Saint Leidier, Bel m’es oimais qu’eu retraia (BdT 234.5), v. 34, come affermato in Lachin, Il trovatore, p. 507. Lo stilema è ripreso nel salut d’amor Dieus vos sal, dona, de pretz sobeirana (BdT 461.83), testo con ogni probabilità da ricondurre al milieu estense e parodiato nel contrafactum scatologico Deu vos sal, domna, dels pez soberana (BdT 461.82). Si confronti anche Rics pres, ferms e sobeirans (BdT 330.15a), vv. 1-4: «Rics pres, ferms e sobeirans, / domna, vos ten sobeirana, / e sai q’es del miel certana, / dont ieu vos sui homs certans», testo caratterizzato dall’alternanza di uscite maschili e femminili nei rims derivatius (si rimanda a Paolo Di Luca, «Peire Bremon Ricas Novas Rics pres, ferms e sobeirans (BdT 330.15a)», Lecturae tropatorum, 1, 2008, 23 pp.).
6 desana. Il manoscritto presenta la lezione de / saina: si preferisce la proposta di lettura di Canettieri, «Na Joana», p. 144, la quale garantisce uniformità rimica ai tre descortz: «Due rimanti, grana e certana, ricorrono in tutti e tre i descortz, mentre Jois e chans e solatz e Lai on fis pretz hanno in comune anche umana e lonhdana, arrivando così ad avere quattro lemmi su sei identici. Il rimante sana compare sia in Jois e chans e solatz sia in Quan la freidors ed è richiamato in Lai on fis pretz da desana e, sempre in Quan la freidos, da dousana». Lachin, Il trovatore, p. 509, propone invece desfana, «soluzione più conservativa per motivi paleografici» e che «può ben derivare da *de-ex-fenare». Ad ogni modo, sia desana sia desfana costituirebbero hapax. Ricostruisco il significato di desana sulla base del senso generale passo: il poeta celebra il luogo dell’amata, locus amoenus dove primavera è stagione eterna, in quanto non fugge e non perde le proprie caratteristiche (de-sana).
9 non vir estatge. Lachin traduce con «resto fermo nel mio amore»; si adotta qui una soluzione più letterale, come suggerita del resto in nota dallo stesso editore.
12 aratge. Vedi SW, I:78,2: «ausser sich sein, verzweifeln» (ma cfr. Lachin, Il trovatore, p. 511).
14 que·l don coratge. Anche in questo caso si propende per la traduzione letterale proposta da Lachin in nota, al posto di «la renda ben disposta».
19 aucire. Per simmetria con il v. 23 traduco con un più letterale ‘uccidere’ invece di «annientare», come proposto da Lachin.
21-24. In questi versi il poeta fa sfoggio della tecnica assai diffusa nella poesia trobadorica delle coblas tensonadas: per un altro esempio riferibile al milieu estense vedi Ges de chantar no·m voill gequir (BdT 281.5), vv. 25-32, e nota relativa.
31 atendre. Vedi anche Rambertino Buvalelli, Ges de chantar no·m voill gequir (BdT 281.5), vv. 14-16 «e si mi fai trop ben entendre / qe ren no·m val lo lonc[s] atendre, / que tant no·i poiria derdre».
36 Andreu de Fransa. Andrea di Francia o di Parigi, protagonista di un perduto romanzo nel quale muore d’amore per la regina di Francia, diviene per i trovatori caso paradigmatico: vedi in ultimo Paolo Di Luca, «Il Roman du Comte de Toulouse. Un frammento di chanson de geste occitana?», Quaderni di filologia e lingue romanze, 29, 2014, pp. 7-36, alle pp. 11-12.
38-39. Come segnalato da Lachin, la ricostruzione testuale dei versi si basa sulla proposta di Canettieri,«Na Joana», p. 140. – lai. Lachin traduce con «costà», mentre si preferisce l’avverbio «là».
Edizione e traduzione: Giosuè Lachin 2004, con modifica di Luca Gatti relativa alla divisione strofica dei vv. 34-39; note: Luca Gatti. – Rialto 24.iii.2017.
N 46v (anonimo).
Edizioni critiche: Léopold Constans, «Les Manuscrits provençaux de Cheltenham», Revue des langues romanes, 19, 1881, pp. 261-287, 20, 1881, pp. 105-138, pp. 157-179, pp. 209-220, pp. 261-276, a p. 130; Giosuè Lachin, Il trovatore Elias Cairel, Modena 2004, p. 506.
Metrica: I a10’ a10’ a10’ a10’ a10’ a10’; II a4’ (a)b4’+5’ b10’ a4’ (a)b4’+5’ b10’ a4’ (a)b4’+5’ b10’; III (a)a4’+5’ (a)b5’+6’ b10’ (a)a4’+5’ (a)b5’+5’ b10’ (a)a4’+5’ (a)b5’+5’ b10’; IV a 5’ (a)a 5’+5’ a 11’ a 5’ (a)a 5’+5’ a 11’ a 5’ (a)a 5’+5’ a 11’; V (a)a5’+5’ (a)a5’+5’ (a)a5’+5’ (a)a5’+5’; VI (a)a5’+5’ (a)a5’+5’ (Frank descort:15; Canettieri descort:14). Rime: -ana (I), -ensa, -atge (II), -ire, -aire (III), -ia (IV), -ansa (V), -ansa (VI). La suddivisione strofica proposta da Frank, e accolta da Lachin, prevede cinque strofi: diversamente dallo schema che qui si è seguito (per cui si veda Paolo Canettieri, “Descortz es dictatz mot divers”. Ricerche su un genere lirico romanzo del XIII secolo, Roma 1995, p. 384), la quinta cobla e la tornada sono considerate invece come un unico elemento (V (a)a5’+5’ (a)a5’+5’ (a)a5’+5’ (a)a5’+5’ (a)a5’+5’ (a)a5’+5’). Quanto al v. 17, è probabile che fra i due emistichi vi sia sinalefe di compensazione, e che quindi l’ipermetria del secondo elemento sia solo apparente: secondo Canettieri, “Descortz”, p. 621, «ciò comporterebbe evidentemente l’esistenza di un endecasillabo femminile soggiacente, che avrebbe del resto un corrispondente nel periodo successivo», ma cfr. anche Dominique Billy, L’Architecture lyrique médiévale. Analyse métrique et modélisation des structures interstrophiques dans la poésie lyrique des troubadours et des trouvères, Montpellier 1989, p. 35.
Per la datazione e la questione attributiva vedi le Circostanze storiche.