Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Lanfranc Cigala
Si mos chanz fos de ioi ni de solatz
Lanfranc Cigala
Si mos chanz fos de ioi ni de solatz
Trad. it.
Note

I. Se la mia canzone fosse di gioia e di mondanità so che sarebbe molto apprezzata, così mi sentivo incline e disposto a cantare d’amore, ma ora ho preso una decisione contraria. Chi è triste canta male di gioia e per questo ho votato il mio canto ai lamenti e mi meraviglio che chiunque tenga alla religione e alla fede e alla cristianità possa vivere gioiosamente, dal momento che possiamo sentire i gemiti e le grida e il pianto del Sepolcro, ma invano.

II. Gerusalemme è un luogo abbandonato. Sapete perché? Perché manca la pace, infatti secondo la giusta allegoria Gerusalemme significa «visione di pace», ma la guerra dei due grandi potentati coronati ha allontanato la pace qui e altrove, e non danno alcun segno di volere la pace. Non dico di chi è la colpa, ma chiunque di questi due grandi signori sia responsabile, che Dio lo raddrizzi o lo metta a morte presto!

III. Grande è il dolore per i cavalieri che sono morti in Siria, e maggiore dovrebbe essere se Dio non li avesse presi nella sua compagnia; ma io non vedo proprio costoro ardere per recuperare la santa eredità. Ah, cavalieri, avete paura della morte? Io credo che se i Turchi fuggissero davanti all’insegna [di Cristo] o fossero come il cervo sardo, troverebbero cacciatori in abbondanza; ma chi non si muove ha poca gente nel suo esercito.

IV. Se il re francese non fosse convinto della necessità di questo aiuto sarei molto sorpreso, dal momento che Dio gli ha concesso una signoria così potente; ma se lo deve dare, che porti il suo aiuto rapidamente, perché un dono rimandato troppo a lungo è sprecato. E possa il re inglese essere indotto ad aiutare, e si ricordi del valoroso re Riccardo, e passi il mare con una grande forza, e non finga, perché si può distinguere tra falsi e veri amici nei momenti di maggior bisogno.

V. Se fossi il capo dei Tedeschi tutta la loro cavalleria farebbe il passaggio, e non giustificherei nemmeno gli Spagnoli, sebbene abbiano vicini i perfidi Saraceni, dal momento che non furono loro a distruggere il Sepolcro dove Dio giacque e risorse. Mi meraviglio come la gente possa fare il segno della croce quando nessuno ha intenzione di sostenerla, e mi meraviglio da dove venga una così grande cecità che le persone non sono in grado di distinguere le cose vergognose da quelle onorevoli.

VI. Conte di Provenza, il Sepolcro sarebbe rapidamente liberato se il vostro patrimonio fosse alto quanto il valore che vi guida, poiché voi amate Dio e le buone persone di valore e vi comportate rettamente in tutte le azioni; grazie a voi il valore è ancora vivo. Ma io non me la sento di spingervi a fare il passaggio, perché è necessario che il vostro valore difenda la Chiesa qui contro tali guerrafondai. Non troverete mai Turchi peggiori al di là del mare!

VII. Pontefice, penso che vi convenga fare la pace o la guerra, a seconda di quale sia più vantaggiosa, perché se continuate sempre lungo la solita via, il Santo Sepolcro non sarà rialzato da voi.

VIII. Imperatore, ricordatevi di portare soccorso, perché Dio, per il quale ogni re regna, ve lo chiede, e concedete qui il perdono e là l’aiuto, perché la morte è più potente degli imperatori.

5. Il trovatore sostiene di non potersi dedicare a ioi e solatz in quanto il suo animo è iratz, triste, per la situazione in Terrasanta.

7-10. In questi versi va forse letta una critica al sostanziale disinteresse della cristianità per la grave crisi di Gerusalemme, da cui provengono critz, braitz e plors.

14. Lanfranc riprende l’interpretazione offerta dall’esegesi biblica del nome di Gerusalemme come «visio pacis»: cfr. Anatole Pierre Fuksas, Etimologia e geografia nella lirica dei trovatori, Roma 2002, pp. 206-208.

15. dos granz coronatz. Si allude qui a papa Innocenzo IV e all’imperatore Federico II. Il conflitto tra i due era al centro dell’attenzione di tutta la cristianità e, come dimostra questo componimento, era visto come un grave ostacolo per la realizzazione di una nuova crociata transmarina.

18-20. Il trovatore non prende posizione nello scontro tra papa e imperatore ma auspica che un intervento divino li porti sulla retta via oppure risolva la contesa con la morte di uno dei due.

31. Reis frances. Il re di Francia a cui allude Lanfranc è Luigi IX.

36. Reis engles. Nel sovrano inglese va riconosciuto Enrico III, al potere tra il 1216 e il 1272.

37. Come in altri componimenti destinati all’esortazione al passagium, i trovatori guardano con rimpianto a Riccardo Cuor di Leone, ultimo re d’Inghilterra ad aver prestato servizio come crociato; si veda anche la sua citazione al v. 16 del sirventese di Peirol, Pus flum Jordan ai vist e·l monimen (BdT 366.28).

41. L’amiratz dels Alemans rimanda a Federico II, citato insieme ad altri grandi sovrani europei.

43-44. L’urgenza legata alla situazione di Gerusalemme rende necessario agli occhi di Lanfranc che anche i sovrani spagnoli, perennemente impegnati nel contrastare i mori nella penisola iberica, si dedichino alla spedizione oltremare.

47-50. La critica generalizzata a quanti prendevano la croce senza manifestare concretamente di voler adempiere al loro voto è un riferimento topico delle canzoni di crociata.

51-56. Coms Proensals. Sulla base della datazione tra 1244 e 1245, nel conte di Provenza diffusamente elogiato va riconosciuto Raimondo Berengario V, morto il 9 agosto 1245: cfr. Guida, Canzoni di crociata, p. 368. I buoni rapporti tra il trovatore genovese e Raimondo Berengario sono stati evidenziati anche da Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2013, pp. 336-340. Qualora il testo fosse da collocare in seguito all’estate del 1245, il conte di Provenza potrebbe invece essere Carlo I d’Angiò che sposò Beatrice, figlia di Raimondo Berengario V e sua unica erede; cfr. Martín Aurell, La Vielle et l’épée. Troubadours et politique en Provence au XIIIᵉ  siécle, Paris 1989, pp. 151-163.

57-60. È interessante notare come il conte di Provenza sia l’unico signore non spronato a partire oltremare. I nemici della Chiesa contro i quali Raimondo Berengario deve impegnarsi sono i catari, definiti più pericolosi dei saraceni stessi fin da Innocenzo III, cfr. Marco Meschini, Innocenzo III e il “Negotium Pacis et Fidei” in Linguadoca tra il 1198 e il 1215, Firenze 2007, p. 397. Per la repressione della religione catara nel sud della Francia anche dopo la conquista francese si veda Michel Roquebert, L’Épopée cathare. V. La fin des Amis de Dieu 1244-1321, Toulouse 2007, pp. 159-199.

61. Apostoli. Nella tornada indirizzata al pontefice Lanfranc ribadisce la necessità che questi faccia pace con Federico al fine di recuperare il Santo Sepolcro.

65. All’imperatore è rivolto un monito: egli deve servire Dio e recuperare la Terrasanta se vuole ottenere la salvezza dopo la morte.

Testo

Edizione: Francesco Branciforti 1954; traduzione: Luca Barbieri; note: Francesco Saverio Annunziata. – Rialto 28.vi.2017. 

Mss.

C 343r, I 93v, K 77r, Mh2 82, a1 393, d 295, e 154.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 350; Francesco Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1939, p. 94; Francesco Branciforti, Il canzoniere di Lanfranco Cigala, Firenze 1954, p. 198.

Altre edizioni: François Just-Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. V, p. 245 (parziale); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1853, vol. III, p. 125 (testo Raynouard); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 159 (testo Bertoni); Lanfranc Cigala, Liriche, a cura di Gianluigi Toja, Firenze 1952, p. 52 (testo Ugolini con lievi modifiche); Carlos Alvar, La poesía trovadoresca en España y Portugal, Barcelona 1977, p. 201 (testo Branciforti); Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992, p. 250 (testo Branciforti); Francesco Branciforti, Rialto 30.iv.2003 (testo Branciforti).

Metrica e musica

Metrica: a10 b10’ b10’ a10 a10 c10 d10’ d10’ c10 c10 (Frank 517:5). Sei coblas unissonans e due tornadas di quattro versi. Rime: -atz, -ia, -ors, -egna. Lo stesso schema metrico è utilizzato in dieci componimenti ed è possibile che il modello dell’intera serie sia la canzone di Gaucelm Faidit, Chant e deport, joi, domnei e solatz (BdT 167.15).

Informazioni generali

Canzone di crociata composta tra la conquista musulmana di Gerusalemme del luglio 1244 e la deposizione dell’imperatore Federico avvenuta nell’estate del 1245: si vedano le Circostanze storiche.

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