I.
II.
III.
IV.
V.
I. Poiché torna il bel tempo e fa di nuovo rinverdire tutto ciò che esiste, voglio di nuovo dire che un nuovo desiderio mi richiama e mi incita a cantare nuovamente di una persona gentile, giovane e piacente, alla quale mi sono di nuovo fermamente attaccato, perché grazie a lei sono di nuovo rinnovato.
II. Gentilmente rinnovò la bella il mio cuore gentile grazie alla gentile accoglienza che mi fece gentilmente, per cui adesso penso a come un merito perfetto e gentile la governi, e a come con gentile accoglienza mi ha strappato gentilmente dal corpo il mio cuore puro. Senza clamore rifiuto con gentilezza ciò che, sebbene un tempo mi piacque, adesso non mi piace affatto, il desiderio d’altro, a tal punto ella mi lega con un laccio gentile.
III. L’amo tanto che Amore mi trapassa il corpo e mi fa languire il cuore; e se amando vuol farmi morire, Amore, che così mi percuote, lo può fare, tanto amo fermamente lei che amando distrugge me e il mio senno, perché entrambi la amano allentando tutte le briglie; tanto l’amo per il grano senza ricompense che mi rinchiudo nella balla di paglia.
IV. So esserle grato perché è vispa e sa apprezzare i prodi e si fa amare preservando il proprio pregio; grato, perché in questo modo mi cattura, perché, se trovo in lei una grata mercede, ne avrà riconoscenza così come gratitudine: così senza falsità induco alla riconoscenza colei in cui risiede la gioia, per cui il nobile merito onorato riluce di riconoscenza.
V. Un nobile merito rende Audiart del Baux virtuosa, lei e lui allo stesso modo: dunque penso che un merito sicuro si sia fissato in lei senza falsità, per cui Pregio vive onorato d’onore.
Edizione e traduzione: Paolo Di Luca 2008; note: Paolo Di Luca. – Rialto 10.xii.2009.
T 211v, c 85r.
Edizioni diplomatiche: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. IV, n. 1748 (diplomatica di c); Mario Pelaez, «Il canzoniere provenzale c (Laurenziano Pl. 90 Inf. 26)», Studj di filologia romanza, 7, 1899, pp. 244-401, p. 386.
Edizioni critiche: Carl Appel, Provenzalische Inedita aus Pariser Handschriften, Leipzig 1890, p. 246; Joseph Anglade, «Poésies du troubadour Peire Raimon de Toulouse», Annales du Midi, 31-32, 1919-1920, pp. 157-189 e 257-304, p. 295; Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 51 (XIII); Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 207.
Metrica: a7’ b8 b8 a7’ c8 c8 (d d)e2+2+6 (d d)e2+2+6 (Frank 591:2). Quattro coblas unissonans polimetriche di otto versi, più una tornada di quattro versi. Sia le singole coblas sia la tornada presentano rime interne in -ui agli ultimi due versi, segmentati, in questo modo, in due versi bisillabici seguiti da un senario. Il collegamento interstrofico segue i dettami delle coblas capfinidas, anche se manca il collegamento fra le coblas II e III: è possibile che una strofa sia caduta, oppure si può ipotizzare che il collegamento non sia sistematico. Ogni cobla è costruita mediante i principi delle coblas refranchas, che prevedono la ripetizione di una o più parole dalla medesima radice sia ad ogni verso di ogni cobla, sia sporadicamente; Ricas Novas sceglie una parola differente per ogni cobla, e la ripete ad ogni verso secondo svariate tecniche derivative: novel alla cobla I; gen alla cobla II; amor alla cobla III; grat alla cobla IV; pretz nella tornada, ripetuto, tuttavia, in tre versi su quattro. Lo schema metrico è quasi identico a quello della canzone di Blacasset Mos volers es quez eu m’eslanz (BdT 96.7a), con la sola inversione nella fronte degli eptasillabi femminili e degli ottosillabi maschili: a8 b7’ b7’ a8 c8 c8 (d d)e2+2+6 (d d)e2+2+6 (Frank 591:1). Il componimento di Blacasset presenta, fra l’altro, gli stessi accorgimenti retorici di quello di Ricas Novas: collegamento interstrofico secondo la norma della coblas capfinidas, e ripetizione di parole con la stessa radice nelle singole coblas.
Il ms. c attribuisce la canzone a Peire Bremon, mentre T a Peire Raimon de Tolosa. La maggior parte della critica tende ad assegnare la paternità del componimento a Ricas Novas in virtù della dedica ad Audiart del Baux, alla quale quest’ultimo dedica anche Rics pres, ferms et sobeirans (BdT 330.15a). Elementi di natura stilistica rinsaldano questa ipotesi: la ricercatezza dello stile e della forma, che raggiunge qui i suoi esiti più involuti tramite la presenza di rime care in -ui, di versi bisillabici, di allitterazioni e ripetizioni di parole con la stessa radice, è tipica del trovatore; basti confrontare Pois lo bels temps con Tut van canson demandan (BdT 330.19) e Rics pres (BdT 330.15a), che presentano procedimenti stilistici molti simili a quelli che informano questa canzone. – La dedica ad Audiart del Baux, moglie di Bertran del Baux, ci rende due labili discrimini cronologici per datare la canzone. La dama, infatti, si sposò nel 1228, entrando a far parte della casata del Baux, e morì nel 1257. Pois lo bels temps deve essere stata composta in questo lasso di tempo e, con ogni probabilità, nel periodo in cui Ricas Novas soggiornò a Marsiglia, sotto la protezione di Barral del Baux, cugino di Audiart.