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Giraut de Borneil (?), Honratz es hom per despendre (BdT 242.38)


 

Circostanze storiche

 

 

   

In Honratz es hom per despendre si esalta la larguesa, la liberalità, e si sanzionano l’avarizia e l’incapacità di donare. Il sirventese è un unicum che il ms. P attribuisce a Giraut de Bornelh insieme ai due testi precedenti (Tals gen prezich e sermona, BdT 242.77; Non sai rei ni emperador, BdT 242.52), anch’essi unica del codice (il ms. e è un descriptus). Il gruppetto di testi ha dato agli studiosi motivi di scetticismo: già Gröber 1877, p. 448, riteneva dubbie tutte e tre le attribuzioni e in particolare quelle di Honratz es e Non sai rei. Asperti (Asperti 1995, p. 206 e Asperti 2000, p. 159), ripreso da Gambino 2001, p. 380, ha argomentato che in effetti i testi sono da datare alla seconda metà e «fin entro l’ultimo terzo del Duecento». Basandosi sulle collocazioni cronologiche di Gröber, Kolsen 1912 escludeva la paternità di Giraut e attribuiva il sirventese a Lanfranc Cigala sulla scorta di un raffronto tra i vv. 44-45 di Honratz es e il v. 26 di Ges eu no sai com hom guidar se deja (BdT 282.8), dove si rinviene la stessa immagine di Giuda che si impicca. Bertoni 1913 e 1915, p. 13, nota 1 e De Bartholomaeis 1931, vol. I, p. 68, BdT p. 208, Panvini 1949, p. 103, Sharman 1989, p. 363, hanno condiviso gli argomenti di Kolsen, senza però sbilanciarsi in favore di Lanfranc Cigala, a ragione perché il raffronto intertestuale di per sé non ha grande valore.

Nella ricordata valutazione di Asperti ha avuto un peso l’analisi di Marshall 1980, pp. 300-302, che rilevava, sulla base del repertorio di Frank, come la formula metrica e le rime sono usate da quattro componimenti: Bernart de la Fon, Leu chansonet’ad entendre (BdT 62.1), Bertolome Zorzi, S’eu trobes plazer a vendre (BdT 74.15), Uc de Saint Circ, Chanzos q’es leus per entendre (BdT 457.8) e il nostro Honratz es. Per Marshall si tratta di una canzone (di Bernart de la Fon) e tre sirventesi. Lo studioso stimava inoltre che, poiché il componimento di Uc de Saint Circ rispondeva, a suo avviso, a quello di Bernart de la Fon e in un passo faceva riferimento alle crudeltà di Ezzelino da Romano, esso fosse databile «de 1239-40 ou, à la rigueur, de 1252-8»; pertanto la chansoneta di Bernart de la Fon doveva essere precedente a tale data e, supponendo che si trattasse di un dibattito di attualità letteraria, Marshall la datava poco prima del testo di Uc, quindi al 1238-39 al più tardi.

Riguardo agli altri contrafacta, Marshall riteneva per Bertolome Zorzi che «on sait que ce troubadour vivait de 1266-73», prolungabile fino al 1295 sulla base dei documenti attualmente noti.

Quanto a Honratz hom, per Marshall «il est forcément postérieur à 1238-39», sulla scorta della datazione di Bernart de la Fon stabilita dallo studioso; pertanto il Moroello menzionato in tornada doveva essere Moroello II Malaspina, marchese di Mulazzo, attestato secondo Marshall tra il 1260 e il 1284, arco cronologico in cui egli colloca il sirventese Honratz es (e inoltre al 1273 è riferibile il sirventese Be·m meravilh del marques Mor[uel], BdT 282.1d). La cronologia indicata da Marshall va, in ogni caso, estesa perché Moroello II è attestato dal 1233 al 1284 (cfr. Brook et al.1984, p. 311).

Che i rapporti tra i quattro testi possano, tuttavia, essere differenti è già stato rilevato da Gresti 2001, p. 523, che ha messo in luce come non è assolutamente dimostrato che tra essi solo la chansoneta di Bernart de la Fon «possa assurgere al ruolo di modello da imitare», perché, «per quanto possa infatti valere la terminologia tecnica usata dai trovatori, si deve in ogni caso sottolineare che, se è vero, da una parte, che Bernart de la Fon chiama il proprio componimento prima chansoneta (v. 1) e poi chanso (v. 46), è ugualmente vero, dall’altra, che anche Uc parla di chansos (v. 1); e Bertolome usa sì sirventes al v. 69, ma poco prima il trovatore si era servito di chanso (v. 65 [...]). Solo l’autore di Honratz es hom, dunque, chiama il proprio componimento esclusivamente sirventes (v. 46)». Le autodefinizioni dei testi descrivono pertanto un panorama assai intricato, che non permette di escludere neppure che il modello di tutti i testi sia andato perduto e che quindi si abbia a che fare con quattro contrafacta: Gresti 2001, p. 523 discute la possibilità che si tratti di un modello francese, Chançon leugiere a entendre di Conon de Béthune, RS 629, dallo schema metrico affine a7’ b7 a7’ b7 b7 c7’ c7’ al quale sarebbe stato aggiunto un distico di eptasillabi. Inoltre, i quattro componimenti si dividono in realtà a coppie in relazione tra loro, com’è evidente dagli incipit stessi, perché Bernart de la Fon e Uc de Saint Circ trattano il tema del trobar leu, mentre Honratz es e Bertolome Zorzi quello del despendre, della largueza. I punti di contratto tra le due coppie avvengono solo a livello formale. Dallo studio di Gresti risulta comunque chiaro che la situazione è più complicata di quanto presupposto da Marshall «con troppa disinvoltura».

Da ultimo Caïti-Russo 2005, p. 375-376, segue Asperti nel collocare il nostro sirventese in un «milieu gibelin, anti-papal et anti-angevin». Secondo la studiosa, la contestualizzazione anti-angioina di Honratz es corrisponde a quella del già citato Be·m meravilh del marques Mor[uel] (BdT 282.1d), attribuibile a Luchetto Gattilusio, databile al 1273 e anch’esso rivolto a Moroello II Malaspina: in entrambi inoltre sarebbe sviluppato il tema del tradimento (con la menzione di Giuda nell’uno, con l’intero testo nell’altro). Pertanto, la studiosa ritiene che l’ambiente di composizione sia quello genovese, grazie al quale giustifica la presenza del contrafactum di Bertolome Zorzi, prigioniero a Genova dal 1266 al 1273, anch’egli ostile agli Angoini (scrisse un planh per Corradino di Svevia; Gresti 2001, p. 532 era più cauto nell’accettare date rigide per Bertolome).

Tutti i testi finora menzionati presentano, in definitiva, relazioni sicure ma sfuggenti a ogni stretta determinazione. È più che probabile che il nostro sirventese sia un testo tardo (cfr. la collocazione in P e i testi di contorno), di ambiente tosco-ligure (cfr. dedica a Moroello II) e databile tra il 1233 e il 1284, il cui autore non può essere Giraut de Bornelh; quanto alle relazioni con gli altri componimenti con la stessa formula metrica, esse sono incerte, anche se un legame tematico più stretto è visibile con S’eu trobes plazer a vendre di Bertolome Zorzi (BdT 74.15).

Ricordo infine ulteriori ricostruzioni qui non prese in considerazione: De Bartholomaeis 1931, I, p. 68 ritiene che Moroello sia Moroello l’antico, deceduto nel 1196, fratello dell’Alberto Malaspina che tenzona con Raimbaut de Vaqueiras. L’identificazione non riposa su nessun elemento positivo; l’unico fatto che potrebbe spingere così indietro la datazione è che la chansoneta di Bernart de la Fon (Cα) è attribuita a Bernart de Ventadorn in E, il cui compilatore, ignorando chi fosse Bernart de la Fon, si è basato sul tema discusso nel testo (il trobar leu) per la propria attribuzione (cfr. Appel 1915, p. 302); ma siccome l’altro testo che tratta lo stesso soggetto è sicuramente di Uc de Saint Circ, non vi è alcuna necessità di pensare a una data antica.

Folena 1990, p. 97 non respinge l’attribuzione a Giraut de Bornelh, mai attestato in Italia, stimando che il «secondo congedo potrebbe essere una coda d’occasione o “variante d’esecuzione”», ma l’ipotesi non trova elementi di supporto.

 

 

Bibliografia

 

Appel 1915

Carl Appel, Bernart von Ventadorn. Seine Lieder, Halle 1915.

 

Asperti 1995

Stefano Asperti, Carlo I d’Angiò e i trovatori. Componenti «provenzali» e angioine nella tradizione manoscritta della lirica trobadorica, Ravenna 1995.

 

Asperti 2000

Stefano Asperti, «Sordello tra Raimondo Berengario V e Carlo d’Angiò», Cultura neolatina, 60, 2000, pp. 141-159.

 

BdT

Alfred Pillet, Henry Carstens, Bibliographie der Troubadours, Halle 1933.

 

Brook et al. 1984

Genealogie medioevali di Sardegna, a cura di L. L. Brook, F. C. Casula, M. M. Costa, A. M. Oliva, R. Pavoni, M. Tangheroni, Cagliari-Sassari 1984.

 

Caïti-Russo 2005

Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005.

 

Capusso 2016

Maria Grazia Capusso, «Pour une bibliographie des troubadours d’Italie», Revue des langues romanes, 120, 2016, pp. 17-38.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Folena 1990

Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137.

 

Gambino 2001

Francesca Gambino, «Osservazioni sulle attribuzioni “inverosimili” nella tradizione manoscritta provenzale (I)», in Le rayonnement de la civilisation occitane à l’aube d’un nouveau millénaire. Actes du 6e Congrès International de l’Association Internationale d’Études Occitanes (Wien, 12-19 septembre 1999), Wien 2001, pp. 372-390.

 

Gresti 2001

Paolo Gresti, «La canzone S’ieu trobes plazer a vendre di Bertolome Zorzi (PC 74,15)», in Italica-Raetica-Gallica. Studia linguarum litterarum artiumque in honorem Ricarda Liver, a cura di Peter Wunderli, Iwar Werlen, Matthias Grünert, Tübingen-Basel 2001, pp. 533-534

 

Gröber 1877

Gustav Gröber, «Die Liedersammlungen der Troubadours», Romanische Studien, 2, 1875-1877, pp. 337-670.

 

Kolsen 1912

Adolf Kolsen, «Das Sirventes Honratz es hom per despendre (BGr. 242,38)», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 129, 1912, pp. 467-471.

 

Marshall 1980

John H. Marshall, «Pour l’étude des contrafacta dans la poésie des troubadours», Romania, 101, 1980, pp. 289-235.

 

Panvini 1949

Bruno Panvini, Giraldo di Bornelh, trovatore del sec. XII, Catania 1949.

 

Sharman 1989

Ruth Verity Sharman, The Cansos and Sirventes of the Troubadour Giraut de Borneil: a Critical Edition, Cambridge 1989.

 

Giorgio Barachinii

24.ix.2018


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