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Aimeric de Pegulhan, Per razo natural (BdT 10.40)


 

Circostanze storiche

 

 

 

 La canzone non contiene elementi espliciti e incontrovertibili di datazione e contestualizzazione. È stata oggetto di differenti collocazioni cronotopiche, in stretta connessione con le diverse ricostruzioni della carriera di Aimeric de Pegulhan fornite dagli studiosi. Gli sforzi si sono concentrati soprattutto sull’identificazione della domna leyal (v. 41) che fu battezzata il iorn de sant Johan (v. 50) e sulla sua coerenza con la menzione di/dei Malaspina (v. 52).

Cavedoni 1844, pp. 38-39, nella dama battezzata il giorno di san Giovanni riconosceva Giovanna (di casato ignoto), sposata ad Azzo VII d’Este prima del 1221, quando compare nei documenti; Azzo nacque probabilmente nel 1205 o 1206, per cui il matrimonio non può essere precedente il 1219 o 1220 (quattordici anni era l’età legale per convolare a nozze). Cavedoni sapeva che Aimeric aveva cantato Guglielmo Malaspina morto nel 1220 e quindi sosteneva che il poeta fosse tornato dopo quella data alla corte estense, dove si era insediata Giovanna. Tale interpretazione è blandamente incoerente, dato che, se le si vuole riportare alla stessa epoca, la menzione di Giovanna e quella di Guglielmo sono incompatibili. 

Per questo, Schultz-Gora 1898, p. 166, pur accogliendo l’identificazione di Giovanna, individua il Malaspina in Corrado, fratello di Guglielmo; Aimeric l’avrebbe cantato anche sulla scorta di una lezione di En Amor trop alques en qe·m refraing (BdT 10.25), al cui v. 41 i mss. ADIKS leggono Conratz Malespina, mentre i mss. CJ leggono Guillem Malespina: la lezione di CJ è considerata da Schultz-Gora un’interpolazione del nome del fratello più frequentemente cantato da Aimeric (così anche De Bartholomaeis 1931, vol. I, p. 226, e Shepard - Chambers 1950, p. 145; contra Folena 1990, p. 44, Bettini Biagini 1981, pp. 46-47, e Caïti-Russo 2005, p. 152, su cui si veda sotto). La questione è indecidibile sul piano stemmatico, ma Conratz risulta senza dubbio una difficilior.

Zingarelli 1899, pp. 35-38, dissentendo dalle ricostruzioni precedenti, concordava però con Cavedoni che nel testo il trovatore si riferisse a Guglielmo, ma asseriva che la domna leyal fosse Beatrice d’Este, più volte cantata da Aimeric, e che nella cobla V il battesimo nel giorno di san Giovanni non andasse preso alla lettera, ma inteso in senso metaforico allo stesso modo dei luoghi riferiti nella strofa (Plazensa = la piacevolezza; Valensa = il valore; Johan = la gioia o la grazia o il giovamento, ecc.).

Ora, l’interpretazione metaforica della strofa è innegabile e sicura: si tratta di un gioco di parole sui toponimi messo in voga da Peire Vidal in Tant an ben dig del Marques (BdT 364.47), come già notava Zingarelli 1899 e come ha confermato con dovizia d’esempi Chambers 1964; essa è fatta propria da De Bartholomaeis 1931, Shepard - Chambers 1950, Caïti-Russo 2005. Tuttavia, è altrettanto innegabile che, nel sentir parlare di una donna che fu battezzata nel giorno di san Giovanni, il pensiero non può che correre a Giovanna d’Este, non a Beatrice.

Fatta questa considerazione, gli studiosi hanno spiegato il cortocircuito cronologico in vari modi: Shepard - Chambers 1950, p. 196, notano che questa canzone è simile nei temi a D’aiso dont hom a longuamen (BdT 10.17), dedicata a Giovanna, e Totz hom qu’aisso blasma que deu lauzar (BdT 10.52), dedicata a Federico II emperaire, dunque in entrambi i casi dopo il 1220, ma «the present poem, written while William Malaspina was still alive, may well be the first of the series»; la dama, non potendo essere Giovanna, è Beatrice, ma gli editori non escludono neppure che il Malaspina non sia Guglielmo, ma Corrado «or even some other member of the family», e che pertanto la dama sia Giovanna. Grande incertezza, dunque. A voler proprio trarre partito dalle concordanze tematiche, la canzone Per razo natural dovrebbe essere successiva al 1220, ma bisogna diffidare degli editori che vogliano trasferire un rapporto intertestuale al piano della contiguità cronologica, in quanto non è mai stato dimostrato che due testi che trattino lo stesso argomento siano stati necessariamente composti nello stesso lasso di tempo.

Nel vago si mantiene anche Folena 1990, p. 46, secondo il quale non si tratta di Beatrice, tacendo, tuttavia, ogni proposta alternativa.

Allo stesso modo Bettini Biagini 1981, pp. 54-55, non esclude che si tratti di Giovanna, ma preferisce pensare a Beatrice e a Guglielmo, perché quando Aimeric «si riferisce a un membro della stirpe Malaspina, è sempre a Guglielmo». Quest’ultima affermazione è da considerare sub iudice e quindi incerta, perché la suddetta lezione Conratz in En Amor (BdT 10.25) non è automaticamente da escludere, nonostante gli sforzi di Bettini Biagini 1981, pp. 47-48, per delegittimarla e malgrado la sua ricostruzione degli spostamenti di Aimeric in Italia, che però, essendo talvolta incoerente, attende anch’essa una circostanziata verifica.

Più netta e consequenziale è Caïti-Russo 2005, p. 328, che pur accettando la lezione Guillems in En Amor (BdT 10.25), nel caso di Per razo natural ammette l’identificazione della domna leyal con Giovanna e di conseguenza quella del Malaspina con Corrado.

I problemi restano dunque tutti aperti: Giovanna o Beatrice? Guglielmo o Corrado? Prima o dopo il 1220? Va detto che ricostruzioni come quella di Bettini Biagini (ma lo stesso carattere rigido hanno anche Cavedoni, Zingarelli e De Bartholomaeis) che riteneva che Aimeric avesse cantato Beatrice e fosse rimasto alla corte d’Este fino al 1212 (morte di Azzo VI), poi si fosse trasferito in Lunigiana per cantare i Malaspina fino al 1220 (morte di Guglielmo Malaspina), quindi fosse tornato a Este per cantare Giovanna senza più spostarsi fino alla morte sono smentite dai testi stessi e inverosimili: Bettini Biagini deve ad esempio ipotizzare che il partimen N’Albert, chauszetz al vostre sen (BdT 10.3 = 16.3) tra Aimeric e Albertet de Sisteron in cui, come giudici, sono indicate Beatrice d’Este e Emilia di Ravenna, si sia svolto alla corte malaspiniana di Oramala e non, com’è quasi ovvio, nei domini estensi, solo perché trova nei documenti che Emilia risulta sposata con Pietro Traversara di Ravenna nel 1212, anno in cui Aimeric si era, secondo lei, già trasferito in Lunigiana. La studiosa non prende mai in considerazione l’idea che sia più logico ritenere che durante un anno d’attività Aimeric si spostasse tra varie corti italiane e adeguasse le tornadas al contesto del momento.

Così per risolvere il problema di Per razo natural (BdT 10.40) si può ammettere, in primo luogo, che niente nega che Aimeric abbia frequentato la corte malaspiniana anche dopo il 1220 (anzi la lezione Conratz di En amor sembrerebbe confermarlo, sia che la si ammetta come originale sia che la si consideri un ritocco posteriore), pertanto è lecito pensare di poter aver a che fare con Corrado al pari di Guglielmo. In secondo luogo, si può ammettere che non tutti i dati contenuti nel testo, così come si legge oggi, in particolare la sezione più legata all’occasione, cioè la tornada, siano necessariamente coevi o concepiti nella stessa circostanza. Troppo poco sappiamo di come avvenissero le esecuzioni dei testi trobadorici: non sappiamo se, ad esempio, una strofa come la V potesse essere soppressa presso la corte dei Malaspina, così come di certo avveniva per la tornada malaspiniana presso gli Este, o se potesse essere aggiunta in un secondo momento.

Non è quindi impossibile conciliare Guglielmo (se ce ne fosse bisogno) e Giovanna. Certo, in questo modo la datazione dei testi risulta ben più sfuggente di quanto non avvenga tirando linee nette nella vita e negli spostamenti dei trovatori, ma ci si guadagna – credo – in affidabilità della ricostruzione storica. Per quanto riguarda la nostra canzone, possiamo dire che, ad ogni buon conto, il v. 50 si riferisce o a una dama immaginaria e metaforica o, con Caïti-Russo, a Giovanna, ma con poca probabilità a Beatrice (si noti di passaggio che Zingarelli, nell’interpretare i toponimi in modo metaforico, si guarda dal sottolineare che il v. 50 non è un nome di luogo e ha un peso identificativo maggiore degli altri, per il contenuto e per la posizione in fine di strofa). L’allusione a Malaspina, se è coeva al resto del testo, è per forza riferita a Corrado o a qualunque membro vivente della famiglia (maschio e femmina).

 

 

Bibliografia

  

Bettini Biagini 1981

Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981.

 

Caïti-Russo 2005

Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005.

 

Cavedoni 1844

Celestino Cavedoni, «Delle accoglienze e degli onori ch’ebbero i trovatori provenzali alla corte dei Marchesi d’Este», Memorie della Reale Accademia di Modena, 2, 1858, pp. 268-312.

 

Chambers 1964

Frank M. Chambers, «The Lady from Plazenza», in French and Provençal Lexicography. Essays Presented to Alexander Herman Schutz, Columbus 1964, pp. 196-209.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Folena 1990

Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137.

 

Schultz-Gora 1898

Oskar Schultz-Gora, Le epistole del trovatore Rambaldo di Vaqueiras al marchse Bonifacio I di Monferrato, Firenze 1898.

 

Shepard - Chambers 1950

William P. Shepard - Frank M. Chambers, The Poems of Aimeric de Peguilhan, Evanston (Illinois) 1950.

 

Zingarelli 1899

Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899.

 

Giorgio Barachini

25.i.2020


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