Traduzione [GL]
I. Ciò che soleva darmi allegria mi fa
spesso sospirare, ma per la buona fiducia che ho in ciò che va fatto voglio
cantare, perché non sono per nulla soddisfatto del tempo che se n’è andato, e
nemmeno questo mi piace, perché i potenti vanno umiliando gaiezza e piacere, e
riducendo virtù.
Testo: Lachin 2004. – Rialto 26.vi.2017. Mss.: A 52r, C 234v, D 81v, H 33r, I 106v, K 91r, N 267v, R33r. Edizioni critiche: René Lavaud, «Les trois troubadours de Sarlat: Aimeric, Giraut de Salignac, Elias Cairel; texte et traduction des 24 pièces conservées», Lou Bournat, 33, 1911, pp. 529-532, a p. 532; Hilde Jaeschke, Der Trobador Elias Cairel, Berlin 1921, p. 184; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 24; Giosuè Lachin, Il trovatore Elias Cairel, Modena 2004, p. 353. Altra edizione: Giosuè Lachin, Rialto 23.i.2015 (testo Lachin 2004). Metrica: a3 b4’ c4 d3 b7’ d7 d3 d1 e6 e7 e5 e5 f1 f2 e3 f5 (Frank 841:1, unicum). Cinque coblas unissonans di sedici versi e due tornadas di nove. Rime: -ol; -anssa; -en; -ar; -atz; -an. Per un’accurata analisi metrica e stilistica del componimento si veda Lachin, Il trovatore, pp. 357-360. Note: Canzone composta nel 1224 in Italia per spronare Federico II alla crociata in Terrasanta e soprattutto per incitare Guglielmo VI a recarsi nel regno orientale di Tessalonica: si vedano le Circostanze storiche. 1-4. L’esplicazione dei motivi che muovono al canto è un procedimento ricorrente negli esordi delle poesie dei trovatori; cfr. Francesca Sanguineti - Oriana Scarpati, «Comensamen comensarai. Per una tipologia degli incipit trobadorici», Romance Philology, 67, 2013, pp. 113-138, alle pp. 118-127. 7. L’attacco ai potenti costituisce un topos dei componimenti dedicati all’esortazione alla crociata. 8. Come in altri testi del corpus federiciano, la critica del tempo presente è accompagnata dalla descrizione delle ripercussioni che il comportamento dei signori malvagi procura al mondo cortese, rappresentato in questo componimento dalle virtù di joi, solatz e valor. 10. joven. Elias riprende qui le accuse alla gioventù del tempo che si riscontrano anche ai vv. 9-12 di Freit ni ven (BdT 133.4). Il trovatore biasima i giovani nobili considerati responsabili dello svilimento delle virtù cortesi; un simile attacco ricorre anche in un altro interessante testo composto in Italia, Ia de razon no·m cal metre en pantais (BdT 352.2) attribuito a Peire de la Mula, su cui si veda Carlo Pulsoni, «Ia de razon no·m cal metre en pantais (BdT 352.2)», Criticón, 87-88-89, 2003, pp. 719-728. 11-14. L’elenco delle virtù cortesi lese dal comportamento dei signori del tempo include anche Amore, motivo ugualmente presente in Freit ni ven (BdT 133.4). La decadenza di Amore comporta gravi modifiche in tutto il sistema cortese che su esso si impernia: in particolare è la generosità, una delle doti più care ai trovatori, a patire di questa involuzione. 19-20. Le accuse rivolte ad Amore riprendono il tema marcabruniano della mercificazione della relazione amorosa, cfr. Ans que·l terminis verdei (BdT 293.7), vv. 25-32. Nella critica di Elias «l’opposizione è tra la gratuità dell’amore ideale e la venalità dell’amore reale» (Lachin, Il trovatore, p. 373). 23-24. Al pari di altre canzoni in cui viene attaccato Amore, il trovatore giustifica le sue critiche con il mancato premio di fronte alla paziente sofferenza; per questo tema si veda Francesca Sanguineti - Oriana Scarpati, Canzoni occitane di disamore, Roma 2013, p. 23. 25-26. Come sostiene Lachin, Il trovatore, p. 375, il bersaglio della maledizione di Elias sono i ricchi giovani, i quali «non praticano né le virtù cortesi né quelle cristiane, e non si affrettano alla crociata». 28. In questo verso ricorre un altro topos delle esortazioni alla crociata dei trovatori, quello della denuncia della vacuità dei possedimenti terreni, per il quale si vedano anche i vv. 37-48 di En honor del pair’en cui es (BdT 375.8). 33. Rossignol. Lachin, Il trovatore, p. 377, si oppone al parere comune della critica (basti il rinvio a De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, p. 26) secondo il quale il termine costituirebbe il soprannome di un giullare deputato a trasmettere il testo all’imperatore. Secondo lo studioso, Elias non sarebbe stato in grado di permettersi i servizi di un giullare e dunque egli ritiene «probabile che il poeta affidi il suo monito ad un immaginario messaggero pennuto, già nobilitato dalla tradizione trobadorica». 36. Far. Il Faro di Messina ossia il braccio di mare che divide la Sicilia dal resto della penisola italiana. L’unica altra attestazione trobadorica di Far ricorre nella cobla anonima Domna que va ves Valensa (BdT 461.96), vv. 8-9: «Que la garde de varar / si vol tener vas lo far», su cui si veda Anatole Pierre Fuksas, Etimologia e geografia nella lirica dei trovatori, Roma 2002, pp. 183-193. In base a questo verso si può ritenere che il trovatore al tempo della composizione si trovasse al di qua del Faro, ossia sul Continente. 37-38. L’esortazione alla crociata è accompagnata da un chiaro elogio: Federico è considerato qui come il migliore dei sovrani, tuttavia egli non si dedica alla spedizione in Terrasanta. 39. Nei malvatz desfrenatz si può forse ravvisare un riferimento agli infedeli che detenevano ingiustamente i Luoghi Santi. 42. Na Ponsa part Duratz. Non è possibile individuare chi sia la dama a cui viene inviato il componimento, probabilmente un esponente della nobiltà cristiana dei regni latini d’Oltremare. Lachin, Il trovatore, p. 381 reputa questa un’allusione politica relativa alla promessa di una spedizione armata dei Monferrato in Oriente. 45. Guglielmo VI, marchese di Monferrato, è dipinto nella seconda tornada come privo di coraggio e di ambizioni di conquista come in Pos cai la foilla del garric (BdT 133.9), vv. 9-14. 47-48. In chiusura di componimento Elias ricorda al marchese i doveri feudali nei confronti dei suoi vassalli presenti in Oriente e sostiene che il suo comportamento attendista avrebbe giustificato la rottura del patto vassallatico nei suoi confronti. [fsa] |