Analisi dei manoscritti: Da (210rv; adespoto); H (46v; identificato dalle razo). Razo B e strofa II citate in Giovanni Maria Barbieri, Dell’origine della poesia rimata, Modena 1790, p. 123 (= κs; per minuta e bella copia Vincenzo De Bartholomaeis, Le carte di Giovanni Maria Barbieri nell’Archiginnasio di Bologna, Bologna 1927, p. 75 = κm; solo κ se coincidenti). Ms. base Da.

Ordine delle strofe: Da: II - I - III - IV; H: A - I - B - II - C - III. − Assumo l’ordine delle strofe di H dove si alternano strofe di Elias e di Gaucelm e che mi sembra più ragionevole; ogni combinazione possibile non dirada ad ogni modo tutti i dubbi (Carstens, Die Tenzonen, pp. 17 e 90-95 pensa a un ordine I, IV, II, III, ma la sequenza I - II sembra migliore: cfr. sotto). L’ordine di Da non mi riesce accettabile in quanto le due strofe d’Elias sono consecutive. La cobla BdT 136.3 Manenz fora·l francs pelegris (I) pare essere nata autonomamente, essendo dotata in H d’una tornada di due versi in cui si legge un evidente gab di Elias nei confronti dell’arte poetica di Gaucelm e l’irrisione della sua pingue mole: tale gab è rinfacciato a Elias nella prima strofa di Gaucelm BdT 167.13 Ben auria obs pas e vis (II), alla quale senza dubbio risponde Elias con BdT 136.2 Gauselm, eu mezeis garantis (III). L’ordine di H è pertanto preferibile, ma H esclude, forse per via della lacunosità del testo leggibile in Da, l’ultima strofa di Gaucelm, A juzamen de sos vesis BdT 167.3a, legata al dibattito come indicano la metrica e l’onomastica ivi contenuta (Elias, la sua sorellastra, e il loro cugino Eble d’Ussel). In Da la prima cobla trascritta (BdT 167.13) è isolata rispetto alle tre successive: il fatto è visibile grazie alla decorazione e a causa della riga bianca per la rubrica lasciata prima di BdT 167.13 e nuovamente prima di BdT 136.3 + 136.2 + 167.3a; a quanto sembra, i materiali di Da erano adespoti, oltre che malconci nel finale (BdT 167.3a). Il rubricatore ha poi numerato le quattro coblas, distinte nei due suddetti blocchi testuali, in modo sequenziale rispetto al testo rubricato che precede (di Uc de Saint Circ, BdT 457.5 Antan fez coblas d’una bordeliera, due coblas), ma ciò dev’essere avvenuto in conseguenza del loro anonimato. Del resto, l’onomastica contenuta nei quattro testi di Elias e Gaucelm (con menzione anche d’Eble d’Ussel) non è affatto riconducibile a Uc de Saint Circ (da respingere dunque il dubbio attributivo di BEdT in favore di Uc). È inoltre probabile che l’anticipazione e l’isolamento di BdT 167.13 in Da rispetto all’ordine testimoniato da H sia dovuto a un’esigenza tematica, perché i pas e vis con cui si apre BdT 167.13 sono ugualmente presenti nella seconda cobla di Uc de Saint Circ che precede (BdT 457.5, vv. 12-13 e faill li ben pans, vins, sez e maisos / ab leis; si noti anche l’enjambement): il compilatore può aver anticipato il testo in ragione di questa considerazione, causandone anche l’isolamento.

Apparato critico:

I.  2. al Santor] DaH, ab sanctor Favati    3. mout] H, Mlt Da    4. Safadis] saladis DaH    5. E si no] Da, esi non H con abbreviazione incerta (En no Careri, m... GK) | granz] Da, cros H    6. conpreron] Da, conpren (–1) H    8. eretar] H, erretrar Da    9-10. solo in H.

II.  13. merce] κ, merces DaH | pechador] DaH, trobador κ    15. granz] DaH, gran κ    16. e sas chanzos] Da, eill sirventes     17. e·ill sirventes son] Da, e sas cansons es | e var] e vair Da, ab var    18. cel que vol s.] Da, qi vol ben s. .

III.  19. Gauselm] Da, Gauselms H | eu eu mezeis] H, eu eu mezeis (+1) Da    21. om. H    22. no·s] Da, non H | q’om] Da, qe H    24. e] Da, a H    25. gensor] Da, jonsor H | chai] Da, lai H da un precedente sai con curva di s- parzialmente erasa o sbiadita | la mar] Da, lo mar H.

IV.  Solo in Da    28. g[a]rant] grant (–1) ms.    33. em] en ms.

 

I.  1. manenz] Da, manens H    2. Santor] Da, Sanctor H    3. grant onor] Da, gran honor H    4. cho] Da, so H    5. qeill] Da, qeil H    6. hardimen] Da, ardimen H    7. ancaras] Da, ancara H    8. fill] Da, fil H.

II.  11. pas] Da, pans | vis] Hκs, vins Daκm.   12. Chasluç] Da, Casluz   | umor] Daκ, humor H.   13. pechador] Da, peccador H.   14. q’] DaH, qu’ κ  | manenz] Da, manens    15. qe] DaH, que κ | solaz] Da, solatz | granz] Da, grans H    16. chanzos] Da, cansons Hκs, cansos κm | frumen] Da, formen    18. qi] H, qui κ | sojornar] Daκm, soiornar Hκs.

III.  19. mezeis] Da, meseis H | garantis] Da, garentis H    20. que] Da, qe H | grant] Da, gran H    22. dementis] Da, desmentis H    23. avez] Da, avetz H    24. Guillelma] Da, guilelma H    25. pareill] Da, pareil H    26. joglar] Da, ioglar H.

 

Datazione e circostanze storiche:

La datazione del testo è stata oggetto di controversia: la maggior parte degli studiosi (Carstens, Die Tenzonen, p. 19; Audiau, Les poésies, p. 13, n. 1; Walter Meliga, «Gaucelm Faidit et la (les) croisade(s)», in Gaucelm Faidit: amours, voyages et débats, Carrefour Ventadour, Ventadour 2011, pp. 30-31; Robert Lug, Gaucelm Faidit et Maria de Ventadorn, vivaient-ils encore en 1235?, in Gaucelm Faidit 2011, pp. 117-118; indirettamente Vincenzo Crescini, «Canzone francese d’un trovatore provenzale», Atti e memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, 26, 1910, pp. 63-105, part. p. 84) ritiene che la menzione di Saladin al v. 4 sia un errore dovuto ai copisti dei due mss. DaH o, forse, al copista della fonte comune, che ha interpolato il nome del già leggendario Saladino (1138-1193) a quello del meno noto fratello Safadino (1145-1218). Al contrario, l’editore dell’opera completa di Gaucelm Faidit, Mouzat (Les poèmes, pp. 480-481), seguito da Martín de Riquer (Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. II, pp. 755-756), ha ritenuto di non dover correggere il testo. La scelta comporta una differente datazione: se la lezione dei mss. fosse giusta, Gaucelm Faidit avrebbe compiuto un pellegrinaggio in Terra Santa entro il 1193; se invece la lezione fosse da correggere, il viaggio non potrebbe essere precedente il 1200-1201, anni in cui Safadino impose definitivamente il proprio dominio sul sultanato ayyubide e sulla Terra Santa. La datazione di Mouzat e la relativa accettazione del dato manoscritto si fondano su alcune convinzioni dello studioso francese: che Gaucelm Faidit non fosse figlio d’un borghese come indica la vida, ma fosse un piccolo cavaliere e in questa condizione abbia partecipato alle crociate (Les poèmes, p. 30); che abbia preso parte a due crociate, la terza e la quarta; che il Linhaure dei suoi testi coincida con Raimbaut III d’Aurenga (m. 1173); che la sua produzione poetica si distenda quindi dagli anni Settanta del sec. XII ai primi anni del sec. XIII. Di conseguenza, a Mouzat non pareva irragionevole che Gaucelm Faidit si fosse recato in Palestina sotto il dominio del Saladino, dunque entro il 1193, nel pieno della sua fioritura letteraria. Tuttavia, nessuna delle convinzioni di Mouzat è supportata da altra prova che non siano la lezione dei mss. DaH nel testo di cui ci occupiamo e la credibilità accordata alle novelle pittoresche narrate dalle razos (al riguardo, cfr. Giorgio Barachini, «Una (quasi) nuova canzone di Gaucelm Faidit (BEdT 167,4a) e il suo quadro culturale», in Le forme del tempo e del cronotopo nelle letterature romanze e orientali. Atti del X Convegno della SIFR, Soveria Mannelli 2014, pp. 561-579). Non è dimostrato – ed è anzi del tutto improbabile – che il trovatore fosse un piccolo cavaliere; tutte le menzioni relative alle crociate e i rapporti di Gaucelm con la nobiltà rimandano alla quarta crociata e mai alla terza (si vedano i citati interventi di Meliga e Lug); Linhaure non può essere Raimbaut III d’Aurenga, troppo antico per essere stato conosciuto direttamente da Gaucelm, ma sarà da individuare in altro membro della casata d’Aurenga, a mio avviso nel nipote Guilhem del Baus (...1173-1218), principe d’Aurenga, trovatore, erede di pressoché tutto il patrimonio dello zio e protagonista della vita politica e culturale della regione e geograficamente vicino a Raimon d’Agout a cui talvolta il Linhaure gaucelmino è affiancato (i principali possedimenti di Raimon d’Agout – Agout, Sault, Simiane – distano circa 60 km da Aurenga; in alternativa, Lug, Gaucelm, p. 126 ha proposto di vedervi il trovatore Raimbaut IV d’Aurenga, che tuttavia ha un ruolo più defilato nella zona; meno bene Saverio Guida-Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2013, p. 202 che propongono Raimbaut de Vaqueiras); niente lascia pensare che di Gaucelm Faidit si abbiano testi composti prima del 1190 (se si eccettua il partimen tra il coms de Bretagna – Goffredo Plantageneto? – e un Jauseume, entrambi comunque di dubbia identificazione). Pertanto, la correzione di Saladis in Safadis è più che giustificata: si tratta di banale interpolazione dei copisti. Si potrebbe obiettare che il ms. Da trasmette anche il canto di crociata Ara nos sia guitz (BdT 167.9) al cui interno è nuovamente menzionato Safadino (v. 61), e in quel caso il copista ha trascritto correttamente la lezione; tuttavia, in Ara nos sia guitz la confusione tra Safadino e Saladino risultava impossibile, in quanto anche il secondo compare nel testo (al v. 77; l’uno e l’altro nome sono in rima), rendendo ben più difficile l’interpolazione. − Lo scambio di coblas è dunque posteriore al 1200-1201, più probabilmente composto dopo il 1203, vale a dire l’anno successivo all’inizio della quarta Crociata al cui seguito Gaucelm mostra di essersi mosso e anche anno in cui il trovatore prevedeva di tornare, stando a quanto afferma in Ara nos sia guitz ai vv. 23-27 (cfr. Meliga, Gaucelm, p. 28; nessuna indicazione temporale è invece nel canto di ritorno Del gran golfe de mar, BdT 167.19; Kurt Lewent, Das altprovenzalische Kreuzlied, Erlangen 1905, p. 25 pensa per il viaggio di Gaucelm agli anni 1203-1204). Del resto, al contrario di ciò che credeva Mouzat, opere posteriori al 1202 sono rintracciabili nella produzione gaucelmina: il 1206 circa è data proposta per il torneyamen Gauselms, tres jocs enamoratz (BdT 432.2 = 167.26 = 449,1a; Fabio Zinelli, «Attorno al senhal Gardacor in Uc de Saint-Circ BdT 457.3 (appunti per una storia di Savaric de Mauleon)», in Interpretazioni dei trovatori, Bologna, pp. 245-273) e per Gauselm Faidiz, eu vos deman (BdT 16.16 = 167.25; Ruth Harvey, «On the Date of Gaucelm Faidit’s Dialogue with Albertet (BdT 16.16), with a Note on Ara nos sia guitz», Cultura neolatina, 71, 2011, pp. 9-21). Tra tali opere va annoverato anche il nostro scambio di coblas.

 

Note al testo:

I. La cobla d’Elias d’Ussel si contraddistingue per una forte ironia tendente al sarcasmo; molte delle informazioni ivi contenute vanno intese al contrario: il grant onor in cui Gaucelm sarebbe stato tenuto non è stato tale secondo Elias; il danno ricevuto da Safadino è ovviamente immaginario; l’hardimen di Gaucelm allude a una completa mancanza di coraggio (sottolineata dai tempi e modi verbali che indicano irrealizzabilità). Se il testo non è semplicemente un’occasione di divertimento, il retroscena che sembra emergere dai primi e ultimi versi della cobla e dalla risposta di Gaucelm è quello della vita d’un trovatore che si spostava di corte in corte in cerca di ricompense, lamentando forse una certa indigenza per suscitare donazioni maggiori; di questo si burla Elias d’Ussel. Da questo punto di vista, al v. 8 la lezione di H soddisfa più di quella di Da (er retrar): Gaucelm non torna di nuovo in Oltremare per accumulare averi a vantaggio del figlio.

2. Santor. Il termine è tradotto «Pilgerfahrt, Wallfahrt» da Carstens, Die Tenzonen, p. 90, «pèlerinage» da Audiau, Les poésies, p. 92 e Meliga, «Gaucelm Faidit», p. 30, «voyage aux Lieux Saints» da Mouzat, Les poésies, p. 482. Santor/Sanctor ha comunemente il significato di “santità” (qui dunque: “ha speso i suoi averi per [ottenere] la santità, la salvezza”), ma in taluni casi ha il senso di Santo Sepolcro: cfr. Guilhem Fabre, BdT 216.2, vv. 56-57, sobre·ls fals mendicx / que teno·l Sanctor (Linda Paterson, «Guillem Fabre: Pus dels majors / princeps auzem conten (BdT 216.2) and Hon mais vey, pus truep sordeyor (BdT 216.1)», Lecturae tropatorum, 6, 2013, p. 12) e Aimeric de Peguilhan, BdT 10.46, vv. 42-45 Pero, plus que romieus, / sai ni lai no·m desvi, / ans tenh lo dreg cami, / cum s’anav’ a Santor (William P. Shepard, Frank M. Chambers, The Poems of Aimeric de Peguilhan, Evanston (Illinois) 1950, p. 230). Il Sancta Sanctorum rimanda al luogo sacro per eccellenza, spesso indicato anche come monumen nella poesia provenzale, cioè il Santo Sepolcro (Sepulcres in BdT 167.22, v. 42). Dalle parole d’Elias parrebbe che Gaucelm abbia compiuto il pellegrinaggio a Gerusalemme e non abbia dunque seguito i crociati nell’impresa di Costantinopoli. Tuttavia, il tono evidentemente sarcastico della cobla e la possibilità d’una voluta ambiguità tra i significati di santor non ci rendono sicuri che l’informazione sia attendibile e, anzi, sembrano proporla come non vera.

9-10. I due versi sono per lo più considerati spuri (eccezione significativa è Appel, Poésies, p. 11, nota 1, seguito da Carstens, Die Tenzonen, p. 91), ma non mancano di legittimità: Elias, in quanto primo, poteva aver composto una strofa senza attendersi una risposta e poteva dunque averla dotata di una tornada. Del resto l’indicazione dell’obesità di Gaucelm è da lui stesso confermata ai vv. 32-34 e il gab d’Elias sulla propria eccellenza nel faire vers è ribattuto ai vv. 14-17; il tempo presente del v. 10 dà poi quasi una plasticità deittica al dettato che sarebbe fuori luogo in un verso interpolato.

II. Gaucelm replica sfruttando alcuni elementi religiosi (il pane e vino, il povero peccatore, forse anche l’aridità, con umor dotato di doppio senso) in risposta alle insinuazioni sul cattivo pellegrinaggio mossegli da Elias e si concentra sulla povertà di Chasluç e sulla mancanza di vero divertimento, sostituito da gabs “fanfaronate” e ris “risate (certo grossolane)”, di cui Elias, benché povero di tutto il resto, è ricco. L’unica retribuzione (le granz copas d’argen) per un trovatore che vi si fermi è la compagnia angusta del castellano. Quindi Gaucelm si dedica a smentire le affermazioni della tornada: se Elias diceva d’essere un trovatore migliore, Gaucelm risponde che Elias non è capace di poetare, perché tanto le sue canzoni quanto i suoi sirventesi sono un’accozzaglia d’elementi inconciliabili: la segale, tradizionalmente considerata una “mala erba” adatta ai poveri, è unita al grano, il cereale nobile; il vestire abiti verdi va assieme all’indossare una pelliccia di vaio (grigia con riflessi blu), accostamento sicuramente ossimorico, che richiama l’altrettanto ossimorico BdT 167.10, vv. 22-23 ab son engan, qui’s vairtç e vertç, / e ab sos bels ditç fals cubertç e indica, nei testi d’Elias, incostanza stilistico-enunciativa e probabilmente mescolanza di registri (vestirs vertz ni vars è, con analogo sottinteso stilistico, nella satira di Peire d’Alvernhe, BdT 323.11, v. 40, riferito a Grimoart Gausmar, q’es cavalliers e fai ioglars, altro ossimoro). Il vaio era un indumento per ricchi, mentre il vestir vert è altrove associato ai giullari (cfr. ancora BdT 63.2, vv. 13-16 dove il verde del giullare è unito allo scarlatto del cavaliere; BdT 80.35, vv. 33-37 dove il verde è unito al blu, colore vieppiù costoso nel Medioevo), in quanto la tinta verde, tra le più economiche, era impiegata anche dai ceti medio-bassi (Maria G. Muzzarelli, Guardaroba medievale, Bologna 1999, pp. 156-163). Dunque né buona compagnia, né buon trobar, né guadagno: di qui l’invito ironico a trattenersi a Chasluç per trovare ristoro e riposo (sojornar intrans.).

12. Chasluç, Charlus-le-Pailloux (o anche Chaslus, da *castellucium) era sito, sulle gole della Diège, nella parrocchia di Saint-Exupéry, circa 12 chilometri a sud d’Ussel.

III. Elias replica con tono ironico come nella prima cobla: ammette di non essere ricco, ma nega l’affidabilità delle parole dell’interlocutore (il valor è chiaramente ironico). Dopodiché riversa l’accusa di povertà su Gaucelm chiamando in causa la moglie, dalla cui attività il Faidit ricaverebbe pro argen, “molto denaro”. L’accusa è volutamente ambigua: Guillelma era una soudadeira, qui da intendersi come un’attrice o cantante, non a caso accosta al joglar (v. 26), notizia confermata dalla satira del Monge de Montaudon (BdT 305.16, Pos Peire d’Alvernh’a chantat, vv. 31-33 Gauselms Faiditz, / qui de drut s’es tornatz maritz / de lieys que sol anar seguen); ma, in altra accezione, soudadeira è la prostituta e Elias si compiace di un’ambiguità espressiva sul vero mestiere di Guillelma e sulla fonte d’introiti di Gaucelm (lo stesso avviene nella razo A e ancora in Carstens, Die Tenzonen, p. 17). Del resto, Guillelma può essere descritta come valorosa e nobile, solo se il metro di misura usato (a lei de, v. 26) è quello, distorto, di una soudadeira o di un giullare, che formano una coppia come Guillelma e Gaucelm Faidit.

IV. La prima parte della cobla si riferisce a questioni poco chiare, aggravate dalla mancanza del v. 31 e dalla lacuna del v. 28, sulla cui integrazione intervengono fattori interpretativi. Punto nel vivo sull’onestà della moglie, Gaucelm replica chiamando in causa una meja seror d’Elias, finora non identificata. Con l’integrazione sillabica proposta a testo, Gaucelm sembra descrivere Elias come feudatario illegittimo: i vesis del v. 27 sono, a quanto pare, i cugini di Elias (Eble, Peire, Gui), tra i quali Eble è citato al v. 30. Gaucelm dunque dice che, secondo quanto raccontano i cugini e in particolare Eble, Elias appoggia il proprio ruolo feudale sui diritti che gli vengono da una mezza sorella, la quale sembrerebbe essere la reale titolare di quei diritti: è lei, non Elias, infatti, ad essere esplicitamente indicata come cugina di Eble. Sembra quindi che la mezza sorella abbia ereditato i diritti dal genitore che non condivideva con Elias e che fosse tale genitore ad essere il parente di collegamento con i cugini. Carstens (Die Tenzonen, p. 92) invece integrava, seguendo un suggerimento di Appel (Poésies, p. 12), mena [a] grant de sa honor, equiparando la locuzione menar a grant, non attestata, alla locuzione metre en grant (“assillare fortemente qcn., mettere qcn. in grande preoccupazione, sconforto”); intendeva perciò che Elias opprimeva la propria mezza sorella riguardo all’onore di lei, accusa poco chiara, ma ipoteticamente spiegabile se la meja seror avesse avuto il nome di Guillelma come la moglie di Gaucelm. L’evanescenza documentaria della figura della mezza sorella ci impedisce una decifrazione accettabile del passo. La cobla si conclude, dopo una lacuna, con un’accusa più chiara, quella d’avarizia: Gaucelm infatti ammette d’essere grasso, ma dichiara d’esserlo per via del troppo mangiare; anche Elias è descritto come grasso, ma lo è de clara fam: dato che non si può essere grassi senza cibo (ma Elias proclama – anzi, di-chiara – di non averne: de clara fam), Gaucelm sta insinuando (spia ne è il cho·m par del v. 33) che Elias nasconda i propri beni agli ospiti per sembrare povero e affamato, accusa alquanto infamante in un contesto cortese.

28. Il verso è ipometro d’una sillaba; seguo l’integrazione di Mouzat giustificabile con il frantendimento d’un segno abbreviativo o con cattiva lettura dell’antigrafo (il ms. legge gñt con a sovrascritta, normalmente interpretabile grant). Per l’interpretazione cfr. sopra.

29. meia seror. Non possiamo andare oltre Carstens, Die Tenzonen, p. 92, per il quale la meja seror è «nicht weiter bekannt».

30. Eble. Eble d’Ussel, fratello di Peire e Gui e cugino d’Elias (ma Gaucelm malignamente insinua che sia cugino solo della meia seror d’Elias, implicando per l’interlocutore un qualche fattore d’illegittimità). Di lui restano un partimen incompleto col fratello Gui (BdT 129.3 = 194.10), due scambi di coblas ancora con Gui (BdT 129.2 = 194.5; BdT 194.16 = 129.4) e un partimen di più che probabile attribuzione (BdT 218.1 = 128.1).

[GB, lb]


BdT    Elias dʼUisel    Gaucelm Faidit

Canzoni sulle crociate