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Pistoleta, Manta gent fas meravelhar (BdT 372.5)


 

Circostanze storiche

 

 

   

Del trovatore Pistoleta non sappiamo molto: secondo la vida fu provenzale e “cantore” (cantaire) di Arnaut de Maruelh; “cantore” non è termine frequente nelle vidas (due sole occorrenze), quindi si può ipotizzare che il significato non sia uguale a quello di giullare e neanche a quello di “giullare stipendiato”, come talvolta viene ripetuto (Hershon 2003, p. 251; Guida - Larghi 2014, p. 424). Sembrano pertanto rischiose speculazioni quelle che vogliano ricostruire l’itinerario biografico del trovatore utilizzando questo elemento e ipotizzando gli spostamenti di Pistoleta sulla base di quelli di Arnaut de Maruelh: così procedono sia Niestroy 1914, pp. 5-7, sia Hershon 2003, pp. 248-256, che, in aggiunta a ciò, adotta criteri interpretativi discutibili, in quanto ritiene equiparabili le dame cantate nelle strofe delle canzoni alle nobildonne ai cui mariti i testi vengono dedicati in tornada, traendone talvolta conclusioni biografiche (tale sistema interpretativo, il cui presupposto logico è la mancata distinzione tra l’autore reale e l’io lirico finzionale, è da ritenersi superato da decenni e riposa, in effetti, su una bibliografia molto datata). In questo modo Hershon giunge al paradosso di dover collocare il trovatore in un periodo, all’inizio degli anni Novanta del XII secolo, in cui di lui non c’è traccia. Si aggiunga a queste conclusioni poco solide di Hershon che la notizia fornita dalla vida secondo la quale Pistoleta girava il mondo molto male in arnese e avrebbe abbandonato il trobar per diventare un ricco mercante a Marsiglia può ben essere vera, ma sarebbe stato necessario evitare ricostruzioni impressionistiche e valutare in ogni caso la possibilità che il biografo si sia lasciato ispirare dal testo più famoso di Pistoleta, Ar agues eu mil marcs de fin argen (BdT 372.3), che tratta il tema del pover’uomo che desidera realizzare i propri sogni (tra cui la ricchezza).

Ciò che sappiamo con certezza di Pistoleta è che cantò Pietro II d’Aragona da vivo (regnante 1196-1213; Ai! Tan sospir mi venon nog e dia, BdT 372.1; Anc mais nuls hom no fon apoderatz, BdT 372.2; Ja nuls amans no·s feigna, BdT 372.4a) e da morto assieme ad Alfonso VIII di Castiglia (m. 1214; Si chantars fos grazitz, BdT 372.8; cfr. Niestroy 1914, p. 2; proprio questa combinazione di nomi ci garantisce che negli altri testi il re d’Aragona sia sempre Pietro II), qualche volta assieme ad altre figure (Plus gais sui qu’eu no soill, BdT 372.6, è inviato part Esidoill, Excideuil, probabilmente a Maria de Ventadorn, entro il 1213); inoltre celebrò Tommaso I di Savoia (regnante 1189-1233; la nostra canzone Manta gent fas meravelhar, BdT 372.5), tenzonò con Blacatz (attrattivo per i trovatori dal 1210 circa; Seigner Blacatz, pos d’amor, BdT 372.6a) e si rivolse a Peire Belmon part Valenza (La majer temensa, BdT 372.4b), una figura del Velay rintracciabile nei primi decenni del XIII secolo: cfr. Niestroy 1914, pp. 9-10. Se ne dovrebbe concludere che egli fu attivo soprattutto nel XIII secolo e comunque non prima del 1196, data in cui Pietro II divenne re d’Aragona.

Il nostro testo, dedicato a Tommaso I di Savoia, va quindi riferito a questi primi decenni del XIII secolo, quasi di sicuro dopo che il trovatore ebbe lasciato la penisola iberica, non più tardi della morte di Pietro II d’Aragona e Alfonso VIII di Castiglia (1213 e 1214). Tuttavia, una datazione più precisa è impossibile (cfr. Niestroy 1914, p. 10 e Hershon 2003, p. 258); Guida - Larghi 2014, p. 424 sostiene che «dopo la metà del terzo decennio del XIII P. migrò verso l’Italia settentrionale, ove fu ospite presso la corte sabauda», ma non vedo elementi cogenti su cui si possa fondare una simile cronologia.

Non valgono a tal fine neppure le altre menzioni del conte di Savoia, tutte d’incerta datazione. Egli, infatti, fu celebrato anche da Peire Raimon de Tolosa in Ab son gai plan e car (BdT 355.1), mentre incerto (e in verità improbabile) è che a lui si rivolga Elias de Barjols in Bon’aventura don Dieus (BdT 132.6), chiamandolo marques (ma un marques de Savoya, secondo la specificazione del verso precedente, sarebbe un adynaton, tanto che nessun trovatore si rivolge ai Savoia con altro titolo certo che quello di conte, nonostante i dati di Stroński 1906 molto forzati a beneficio dell’identificazione: cfr. Barachini 2015 e 2015b). Altrettanto incerto è se nella comtessa de Savoia di Albertet, Ab son gai e leugier (BdT 16.2) sia da riconoscere la figlia di Tommaso, Beatrice, o la moglie, Margherita Beatrice. Quest’ultima è invece la midons de Savoia in Truan mala gerra (BdT 392.32), il Carros di Raimbaut de Vaqueiras. La generica domna di cui parla l’io lirico nella nostra canzone non è, del resto, identificabile senza remore con Margherita Beatrice, come vorrebbe Hershon 2003, p. 308, che applica qui il sistema interpretativo di cui si è detto. Mi sembra anche indimostrato e indimostrabile sulla base del nostro testo che Pistoleta abbia visitato la corte di Tommaso a Torino, come si legge ancora in Hershon 2003, p. 258, idea già rigettata da Niestroy 1914, p. 2.

 

 

Bibliografia

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida, Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2014.

 

Hershon 2003

Cyril P. Hershon, «Pistoleta», Revue de langues romanes, 107, 2003, pp. 247-341.

 

Niestroy 1914

Erich Niestroy, Der Trobador Pistoleta, Halle 1914.

 

Giorgio Barachinii

25.ix.2018


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