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Raimbaut de Vaqueiras, Truan, mala gerra (BdT 392.32)


 

Circostanze storiche

 

 

 

Truan, mala gerra (BdT 392.32) di Raimbaut de Vaqueiras, noto anche come Carros, costituisce l’esemplare occitanico più antico di “panegirico collettivo” di dame (si veda Jeanroy 1934, vol. I, pp. 250-254) e si configura come il capostipite di un piccolo gruppo di componimenti afferenti alla modalità poetica del tournoiement des dames. Questa verte sull’enumerazione encomiastica di alcune dame, le quali sono citate traendo spunto da un pretesto, con fini in realtà politici (Caïti-Russo 2005, p. 305), giacché l’obiettivo principale sarebbe quello di elogiare un mecenate. Questa tipologia di componimenti trova i suoi antecedenti nella lirica d’oïl, con i tournoiements des dames di Huon d’Oisy e Richard de Semilli, il primo composto intorno al 1189, il secondo successivo di qualche anno (sul motivo della giostra di gentildonne, centrale in questo genere di testi, e sulla sua fortuna si vedano Jeanroy 1899; Pulega 1970, pp. V-LXXXIII; Caïti-Russo 2001, p. 572-573). Per quanto riguarda il panorama occitano, fanno parte di questa modalità poetica anche un componimento perduto di n’Aimerics, verosimilmente Aimeric de Pegulhan; la Treva di Guillem de la Tor, Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla (BdT 236.5a), nel cui incipit il trovatore si rivolgerebbe con tono aspramente polemico proprio ad Aimeric de Pegulhan e al sopra citato pezzo non pervenutoci; la canzone contro amore di Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13) e il sirventese, in risposta a questa, di Aimeric de Belenoi, Tant es d’amor honratz sos seignoratges (BdT 9.21). Prima ancora che in Truan, mala gerra (BdT 392.32) l’origine del motivo può però essere rintracciata in Dompna, puois de mi no·us cal (BdT 80.12) di Bertran de Born, canzone della “dompna soiseubuda”, cioè della donna fittizia e immaginaria, costruita con i pezzi migliori di donne diverse.

Rientrando nella tipologia dell’encomio collettivo di nobildonne, Truan, mala gerra (BdT 392.32), lascia trapelare l’intento di rappresentare le guerre e i combattimenti del tempo, giacché ritrae una allegorica e giocosa battaglia mossa dalle dame dell’aristocrazia italiana contro Beatrice, figlia del marchese Bonifacio di Monferrato, la quale ne uscirà tuttavia trionfante grazie al suo nobile pregio. Il registro scherzoso impiegato da Raimbaut risalta nella misura in cui il racconto della campagna militare contro Beatrice rievoca alcuni tratti salienti dei comuni italiani del tempo, volendo soprattutto parodiare le coeve lotte comunali, e, in particolare, «the satire is clearly reserved for the communes of Piedmont and Lombardy, which were proving so troublesome to the poet’s patron» (Linskill 1964, p. 212). 

Questo brillante componimento può essere datato, secondo la convincente ricostruzione di De Bartholomaeis e Linskill, tra l’estate del 1200 e la primavera del 1201 (o l’autunno del 1200), comunque prima dell’estate del 1201, cioè prima dell’elezione di Bonifacio I di Monferrato a capo della crociata e prima della sua partenza per la quarta crociata (si vedano De Bartholomaeis 1931, vol. I, pp. 82-83 e Linskill 1964, p. 212). Nonostante, infatti, i tentativi pregressi di collocare il pezzo tra la data del matrimonio di Maria la Sarda (luglio 1202), citata al v. 61, e l’inizio della quarta crociata, cui si pensava potesse far riferimento la menzione, al v. 30, delle ostilità che coinvolgono il marchese (per cui si vedano Cerrato 1884, p. 108; Savio 1885, p. 164 e Schultz-Gora 1888, p. 14, n. 81), De Bartholomaeis e Linskill hanno persuasivamente dimostrato che la giocosità del Carros sarebbe del tutto ingiustificata nel contesto dei preparativi per la quarta crociata: dietro l’allusione del v. 30 si celerebbe piuttosto il riferimento al conflitto interrotto tra Monferrato e Asti, che riprese nel 1200 e terminò nel 1202 (si trattava, infatti, di ostilità croniche che riprendevano in quegli anni dopo un periodo di stasi).

Le prime due strofi hanno la funzione di introdurre immediatamente l’argomento: le dame delle corti dell’Italia settentrionale hanno deciso di intraprendere una truan, mala gerra allegorica contro Beatrice di Monferrato (menzionata per nome al v. 13 e al v. 23 come filha del marqes), figlia del marchese Bonifacio, generoso mecenate di Raimbaut de Vaqueiras. La colpa di cui Beatrice è accusata è quella di essersi conquistata la supremazia riguardo a pregio, joven e bellezza, offuscando il merito delle restanti nobildonne. Nelle tre strofi centrali sono invece espressamente menzionati i nomi delle dame che hanno deciso di scendere in campo contro Beatrice per contenderle il primato della bellezza.

Le prime ad essere citate sono le dame di Versilia, le non meglio identificate Isabellina e Guiglia e madonna Enrichetta; esse sono seguite da Domicella e dalla sua omonima figlia, definite come ‘madre e figlia di Incisa’ al v. 35, cioè la sposa e la figlia del marchese di Incisa, Alberto del Vasto. Al v. 38 figura Agnese di Lenta, che apparteneva probabilmente, come segnalato da De Bartholomaeis, alla famiglia degli Avogadro, signori di Lenta, un piccolo comune piemontese a nord di Vercelli, mentre non è identificabile dama Guglielma da Ventimiglia. Seguono le donne provenienti dal Canavese (Piemonte), dalla Toscana e dalla Romagna: la non identificata donna Tommasina e la signora di Soragna, comune della provincia di Parma, moglie del marchese Guido I Lupi, podestà di Parma nel 1202.

Ai successivi vv. 46-49 si incontrano i nomi di più dame, tutte di difficile identificazione, ma verosimilmente legate a Bonifacio o comunque ben note nell’ambiente del Monferrato. Al v. 46, Caïti-Russo 2005 propone di riconoscere in Garsenda la moglie di Alfonso II (1193-1209), Garsenda di Sabran o di Provenza, madre di Raimondo Berengario V cantata anche da altri trovatori, come Elias de Barjols e Gui de Cavaillon; per Auditz (v. 47) e Aud(a) (v. 48) scarse e assai ipotetiche sono le notizie riportate da Bergert (si veda Bergert 1913, p. 73 e p. 64); di Berlenda, al v. 48, sappiamo che a una dama omonima è dedicato il planh di Lanfranc Cigala, Eu non chant ges per talan de chantar (BdT 282.7) e tale dama è associata alla Lunigiana dei Malaspina. Meno enigmatica, ma tuttavia non certa, è l’identificazione di donna Aines al v. 49, per la quale ci sono due ipotesi: potrebbe trattarsi della figlia di Manfredi II di Saluzzo e di Alasia, cugina pertanto di Beatrice e cognata di Maria la Sarda, nonché moglie del giudice di Torres, oppure, in alternativa, di Agnese di Monferrato, zia di Beatrice, non ancora sposata all’epoca della composizione del Carros. Al v. 53 sono invece menzionate le signore di Ponzone, che dovevano essere verosimilmente tre, dal momento che tre erano i marchesi di questo casato. In particolare, sappiamo che Isabella del Carretto, figlia di Enrico I “il Guercio” del Carretto, sposò Enrico, figlio di Ugo di Ponzone, nel 1191, mentre Emilia, menzionata anche nella Treva di Guillem de la Tor al v. 19 (Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla, BdT 236.5a), andò in sposa a Ponzio di Ponzone, fratello di Enrico. Incerta resta anche l’identificazione della Contessina di Savoia ricordata al v. 57, dal momento che contesso risulta un diminutivo molto impiegato nel secolo XIII per le dame appartenenti al casato di Savoia, benché in tale occorrenza appaia utilizzato come nome proprio.

Nella quinta strofe prosegue l’inventario di dame con Maria la Sarda, figlia del giudice di Torres Comita II, andata in sposa a Bonifacio di Saluzzo nel 1202 (la figlia di Maria la Sarda, Agnesina di Saluzzo, compare al v. 29 di En amor trob tantz de mals seignoratges, BdT 16.13). Il nome di Maria è accompagnato da quello di una non meglio nota dama di San Giorgio, che potrebbe riferirsi a San Giorgio di Monferrato o a San Giorgio di Ivrea, seguita a sua volta da Berta, che potrebbe identificarsi con Berta di Clavesana, moglie di Guglielmo VI di Monferrato o, come suggerito in alternativa da De Bartholomaeis, con Berta figlia del marchese di Busca. L’ultima dama ad essere citata è infine midons de Savoia, eletta a podestà, in cui è riconoscibile Beatrice Margherita, figlia del conte Guglielmo I di Ginevra e moglie di Tommaso I di Savoia. La composizione prosegue illustrando poi le varie fasi dello scontro, fino al trionfo di Beatrice e alla distruzione del carroccio.

Di particolare rilievo appare la sesta strofe, ritenuta spesso oscura dalla critica e in cui sembra in realtà essere racchiusa una descrizione abbastanza puntuale e fedele delle modalità di funzionamento delle istituzioni comunali nel secolo XIII. Come mi fa notare Federico Saviotti, che ringrazio vivamente per la segnalazione, se leggiamo Li poestatz anziché la ciutatz (v. 76) come soggetto dei successivi verbi se vana, dis e ditz, Raimbaut sembra qui rappresentare, non senza dovizia di particolari, la consueta prassi preparatoria alla guerra dei comuni italiani del 1200, con riferimento nella fattispecie al momento conclusivo in cui il podestà convocava i cittadini in assemblea al fine di rendere pubbliche le ultime decisioni prese.

Citando dame ben note e dame a noi oggi sconosciute o di dubbia identificazione, il Carros fornisce un affresco allegorico delle guerre comunali del tempo nella misura in cui Raimbaut «établit un rapport analogique entre les dames de la haute aristocratie de l’Italie septentrionale et les villes autonomes d’Italie, les communes, véritable ennemi à abattre pour le haut pouvoir féodal que Boniface, vassal impérial, représentait» (Caïti-Russo 2001, p. 573).

 

 

Bibliografia

 

Bergert 1913

 Fritz Bergert, Die von den Trobadors genannten oder gefeierten Damen, Halle 1913.

 

Caïti-Russo 2001

Gilda Caïti-Russo, «Béatrice de Monferrat ou la ‘dame retrouvée’ dans le Carros de Raimbaut de Vaqueiras», in Reines et princesses au Moyen Âge. Actes du cinquième colloque international de Montpellier (Université Paul-Valéry, 24-27 novembre 1999), éd. par Marcel Faure, 2 voll., Montpellier 2001, vol. II, pp. 571-576.

 

Caïti-Russo 2005

Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005.

 

Cerrato 1884

Giuseppe Cerrato, «Il “Bel cavaliere” di Rambaldo di Vaqueiras», Giornale storico della letteratura italiana, 4, 1884, pp. 81-115.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Jeanroy 1899

Alfred Jeanroy, «Notes sur le tournoiement des dames», Romania, 28, 1899, pp. 232-244.

 

Jeanroy 1934

Alfred Jeanroy, La poésie lyrique des troubadours, 2 voll., Toulouse - Paris 1934.

 

Linskill 1964

Joseph Linskill, The poems of the troubadour Raimbaut de Vaqueiras, The Hague 1964.

 

Pulega 1970

Andrea Pulega, Ludi e spettacoli nel Medioevo: I tornei di dame, Milano 1970.

 

Savio 1885

Fedele Savio, Studi storici sul marchese Guglielmo III di Monferrato ed i suoi figli, Roma - Torino - Firenze 1885.

 

Schultz-Gora 1888

Oskar Schultz-Gora, Die provenzalische Dichterinnen. Biographien und Texte, Leipzig 1888.

 

Francesca Sanguineti

06.ix.2016


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