A.
Gauselms Faiditz si anet outra mar e si menet dompna Guillelma Monia, q’era soa moiller et era estada soudadeira et era plus grossa q’el non era. E cresia aver un fill d’ella, q’era mout desplasens hom en totas causas. E tornet s’en mout paubres e mout desasiatz. Et Elias d’Uisel fetz en aqesta cobla.
I.
B.
N’Elias d’Uisel si avia un castel qe avia nom Casluz, paubre et en paubreira de blat e de vin. E qant cavalier ni bon ome i venian, el lor dava bel solatz e bel acuillimen et en loc de grans cores lor disia suas cansos e sos sirventes e suas coblas. E·n Gauselms si·l respondet a n’Elias, recordan la paubreira del castel e de lui. E si·n fetz aqesta cobla:
II.
C.
Elias d’Uisel respondet a la cobla d’en Gauselm Faidit:
III.
IV.
A. Gaucelm Faidit andò in Oltremare e vi condusse Guillelma Monja, che era sua moglie, era stata soudadeira ed era più grassa di quanto egli non fosse. Ed egli era convinto che ella gli avesse dato un figlio, che era persona molto sgraziata in ogni cosa. Tornò molto povero e molto disagiato. A questo riguardo Elias d’Ussel fece la seguente cobla:
I. [Elias] Il pellegrino sincero sarebbe molto ricco, ma spese i suoi averi per [visitare] il Sepolcro; là stette a lungo con grande onore, e per questo Safadino ne ebbe danno. E se non fosse per il grande ventre che gli pende davanti, i musulmani avrebbero pagato a caro prezzo la sua audacia! Ha detto inoltre che vuol tornare là, ma abbandona il progetto per dare un’eredità al bel figlio.
Messer Elias ha composto queste parole, perché sapeva comporle meglio di messer Gaucelm che è più grosso di un pilastro.
B. Messer Elias d’Ussel possedeva un castello chiamato Casluz, povero e mancante di grano e di vino. E quando vi andavano cavalieri o gentiluomini, egli dava loro bella compagnia e bell’accoglienza e, anziché grandi banchetti, recitava loro le sue canzoni, i suoi sirventesi e le sue coblas. E messer Gaucelm rispose a messer Elias ricordando la povertà del castello e di lui. E di ciò fece la seguente cobla:
II. [Gaucelm] Ci sarebbe davvero bisogno di pane e vino a Casluz, tanto è arido per via del povero peccatore che è ricco di scherzi e di risate. Perché le sue conversazioni socievoli sono grandi coppe di denaro, le sue canzoni segale e frumento, e i sirventesi sono come vestire di verde e di vaio. Vada pure da lui colui che vuole riposarsi!
C. Elias d’Ussel rispose alla cobla di messer Gaucelm Faidit:
III. [Elias] Gaucelm, io stesso garantisco che non ho grande abbondanza d’averi; e voi avete tanto valore (oppure: autorevolezza) che non c’è bisogno che uno vi smentisca. Se io sono povero, voi avete abbondanza di denaro grazie a Guillelma, la valorosa e valente: una coppia più nobile non si trova al di qua del mare, secondo il metro di valutazione d’attricette e giullari.
IV. [Gaucelm] A giudizio dei suoi vicini messer Elias porta la sua mezza sorella a garanzia del suo onore (oppure: feudo), questo dice messer Eble che è cugino di lei. Non... poiché parlò di corpulenza, disse una cosa senza senso, perché entrambi siamo grassi, ma egli lo è – mi pare – per fame conclamata, mentre io per le abbondanti mangiate.
I. 2. al Santor] DaH, ab sanctor Favati 3. mout] H, Mlt Da 4. Safadis] saladis DaH 5. E si no] Da, esi non H con abbreviazione incerta (En no Careri, m... GK) | granz] Da, cros H 6. conpreron] Da, conpren (–1) H 8. eretar] H, erretrar Da 9-10. solo in H.
II. 13. merce] κ, merces DaH | pechador] DaH, trobador κ 15. granz] DaH, gran κ 16. e sas chanzos] Da, eill sirventes Hκ 17. e·ill sirventes son] Da, e sas cansons es Hκ | e var] e vair Da, ab var Hκ 18. cel que vol s.] Da, qi vol ben s. Hκ.
III. 19. Gauselm] Da, Gauselms H | eu eu mezeis] H, eu eu mezeis (+1) Da 21. om. H 22. no·s] Da, non H | q’om] Da, qe H 24. e] Da, a H 25. gensor] Da, jonsor H | chai] Da, lai H da un precedente sai con curva di s- parzialmente erasa o sbiadita | la mar] Da, lo mar H.
IV. Solo in Da 28. g[a]rant] grant (–1) ms. 33. em] en ms.
I. 1. manenz] Da, manens H 2. Santor] Da, Sanctor H 3. grant onor] Da, gran honor H 4. cho] Da, so H 5. qeill] Da, qeil H 6. hardimen] Da, ardimen H 7. ancaras] Da, ancara H 8. fill] Da, fil H.
II. 11. pas] Da, pans Hκ | vis] Hκs, vins Daκm. 12. Chasluç] Da, Casluz Hκ | umor] Daκ, humor H. 13. pechador] Da, peccador H. 14. q’] DaH, qu’ κ | manenz] Da, manens Hκ 15. qe] DaH, que κ | solaz] Da, solatz Hκ | granz] Da, grans H 16. chanzos] Da, cansons Hκs, cansos κm | frumen] Da, formen Hκ 18. qi] H, qui κ | sojornar] Daκm, soiornar Hκs.
III. 19. mezeis] Da, meseis H | garantis] Da, garentis H 20. que] Da, qe H | grant] Da, gran H 22. dementis] Da, desmentis H 23. avez] Da, avetz H 24. Guillelma] Da, guilelma H 25. pareill] Da, pareil H 26. joglar] Da, ioglar H.
I. La cobla d’Elias d’Ussel si contraddistingue per una forte ironia tendente al sarcasmo; molte delle informazioni ivi contenute vanno intese al contrario: il grant onor in cui Gaucelm sarebbe stato tenuto non è stato tale secondo Elias; il danno ricevuto da Safadino è ovviamente immaginario; l’hardimen di Gaucelm allude a una completa mancanza di coraggio (sottolineata dai tempi e modi verbali che indicano irrealizzabilità). Se il testo non è semplicemente un’occasione di divertimento, il retroscena che sembra emergere dai primi e ultimi versi della cobla e dalla risposta di Gaucelm è quello della vita d’un trovatore che si spostava di corte in corte in cerca di ricompense, lamentando forse una certa indigenza per suscitare donazioni maggiori; di questo si burla Elias d’Ussel. Da questo punto di vista, al v. 8 la lezione di H soddisfa più di quella di Da (er retrar): Gaucelm non torna di nuovo in Oltremare per accumulare averi a vantaggio del figlio.
2. Santor. Il termine è tradotto «Pilgerfahrt, Wallfahrt» da Carstens, Die Tenzonen, p. 90, «pèlerinage» da Audiau, Les poésies, p. 92 e Meliga, «Gaucelm Faidit», p. 30, «voyage aux Lieux Saints» da Mouzat, Les poésies, p. 482. Santor/Sanctor ha comunemente il significato di “santità” (qui dunque: “ha speso i suoi averi per [ottenere] la santità, la salvezza”), ma in taluni casi ha il senso di Santo Sepolcro: cfr. Guilhem Fabre, BdT 216.2, vv. 56-57, sobre·ls fals mendicx / que teno·l Sanctor (Linda Paterson, «Guillem Fabre: Pus dels majors / princeps auzem conten (BdT 216.2) and Hon mais vey, pus truep sordeyor (BdT 216.1)», Lecturae tropatorum, 6, 2013, p. 12) e Aimeric de Peguilhan, BdT 10.46, vv. 42-45 Pero, plus que romieus, / sai ni lai no·m desvi, / ans tenh lo dreg cami, / cum s’anav’ a Santor (William P. Shepard, Frank M. Chambers, The Poems of Aimeric de Peguilhan, Evanston (Illinois) 1950, p. 230). Il Sancta Sanctorum rimanda al luogo sacro per eccellenza, spesso indicato anche come monumen nella poesia provenzale, cioè il Santo Sepolcro (Sepulcres in BdT 167.22, v. 42). Dalle parole d’Elias parrebbe che Gaucelm abbia compiuto il pellegrinaggio a Gerusalemme e non abbia dunque seguito i crociati nell’impresa di Costantinopoli. Tuttavia, il tono evidentemente sarcastico della cobla e la possibilità d’una voluta ambiguità tra i significati di santor non ci rendono sicuri che l’informazione sia attendibile e, anzi, sembrano proporla come non vera.
9-10. I due versi sono per lo più considerati spuri (eccezione significativa è Appel, Poésies, p. 11, nota 1, seguito da Carstens, Die Tenzonen, p. 91), ma non mancano di legittimità: Elias, in quanto primo, poteva aver composto una strofa senza attendersi una risposta e poteva dunque averla dotata di una tornada. Del resto l’indicazione dell’obesità di Gaucelm è da lui stesso confermata ai vv. 32-34 e il gab d’Elias sulla propria eccellenza nel faire vers è ribattuto ai vv. 14-17; il tempo presente del v. 10 dà poi quasi una plasticità deittica al dettato che sarebbe fuori luogo in un verso interpolato.
II. Gaucelm replica sfruttando alcuni elementi religiosi (il pane e vino, il povero peccatore, forse anche l’aridità, con umor dotato di doppio senso) in risposta alle insinuazioni sul cattivo pellegrinaggio mossegli da Elias e si concentra sulla povertà di Chasluç e sulla mancanza di vero divertimento, sostituito da gabs “fanfaronate” e ris “risate (certo grossolane)”, di cui Elias, benché povero di tutto il resto, è ricco. L’unica retribuzione (le granz copas d’argen) per un trovatore che vi si fermi è la compagnia angusta del castellano. Quindi Gaucelm si dedica a smentire le affermazioni della tornada: se Elias diceva d’essere un trovatore migliore, Gaucelm risponde che Elias non è capace di poetare, perché tanto le sue canzoni quanto i suoi sirventesi sono un’accozzaglia d’elementi inconciliabili: la segale, tradizionalmente considerata una “mala erba” adatta ai poveri, è unita al grano, il cereale nobile; il vestire abiti verdi va assieme all’indossare una pelliccia di vaio (grigia con riflessi blu), accostamento sicuramente ossimorico, che richiama l’altrettanto ossimorico BdT 167.10, vv. 22-23 ab son engan, qui’s vairtç e vertç, / e ab sos bels ditç fals cubertç e indica, nei testi d’Elias, incostanza stilistico-enunciativa e probabilmente mescolanza di registri (vestirs vertz ni vars è, con analogo sottinteso stilistico, nella satira di Peire d’Alvernhe, BdT 323.11, v. 40, riferito a Grimoart Gausmar, q’es cavalliers e fai ioglars, altro ossimoro). Il vaio era un indumento per ricchi, mentre il vestir vert è altrove associato ai giullari (cfr. ancora BdT 63.2, vv. 13-16 dove il verde del giullare è unito allo scarlatto del cavaliere; BdT 80.35, vv. 33-37 dove il verde è unito al blu, colore vieppiù costoso nel Medioevo), in quanto la tinta verde, tra le più economiche, era impiegata anche dai ceti medio-bassi (Maria G. Muzzarelli, Guardaroba medievale, Bologna 1999, pp. 156-163). Dunque né buona compagnia, né buon trobar, né guadagno: di qui l’invito ironico a trattenersi a Chasluç per trovare ristoro e riposo (sojornar intrans.).
12. Chasluç, Charlus-le-Pailloux (o anche Chaslus, da *castellucium) era sito, sulle gole della Diège, nella parrocchia di Saint-Exupéry, circa 12 chilometri a sud d’Ussel.
III. Elias replica con tono ironico come nella prima cobla: ammette di non essere ricco, ma nega l’affidabilità delle parole dell’interlocutore (il valor è chiaramente ironico). Dopodiché riversa l’accusa di povertà su Gaucelm chiamando in causa la moglie, dalla cui attività il Faidit ricaverebbe pro argen, “molto denaro”. L’accusa è volutamente ambigua: Guillelma era una soudadeira, qui da intendersi come un’attrice o cantante, non a caso accosta al joglar (v. 26), notizia confermata dalla satira del Monge de Montaudon (BdT 305.16, Pos Peire d’Alvernh’a chantat, vv. 31-33 Gauselms Faiditz, / qui de drut s’es tornatz maritz / de lieys que sol anar seguen); ma, in altra accezione, soudadeira è la prostituta e Elias si compiace di un’ambiguità espressiva sul vero mestiere di Guillelma e sulla fonte d’introiti di Gaucelm (lo stesso avviene nella razo A e ancora in Carstens, Die Tenzonen, p. 17). Del resto, Guillelma può essere descritta come valorosa e nobile, solo se il metro di misura usato (a lei de, v. 26) è quello, distorto, di una soudadeira o di un giullare, che formano una coppia come Guillelma e Gaucelm Faidit.
IV. La prima parte della cobla si riferisce a questioni poco chiare, aggravate dalla mancanza del v. 31 e dalla lacuna del v. 28, sulla cui integrazione intervengono fattori interpretativi. Punto nel vivo sull’onestà della moglie, Gaucelm replica chiamando in causa una meja seror d’Elias, finora non identificata. Con l’integrazione sillabica proposta a testo, Gaucelm sembra descrivere Elias come feudatario illegittimo: i vesis del v. 27 sono, a quanto pare, i cugini di Elias (Eble, Peire, Gui), tra i quali Eble è citato al v. 30. Gaucelm dunque dice che, secondo quanto raccontano i cugini e in particolare Eble, Elias appoggia il proprio ruolo feudale sui diritti che gli vengono da una mezza sorella, la quale sembrerebbe essere la reale titolare di quei diritti: è lei, non Elias, infatti, ad essere esplicitamente indicata come cugina di Eble. Sembra quindi che la mezza sorella abbia ereditato i diritti dal genitore che non condivideva con Elias e che fosse tale genitore ad essere il parente di collegamento con i cugini. Carstens (Die Tenzonen, p. 92) invece integrava, seguendo un suggerimento di Appel (Poésies, p. 12), mena [a] grant de sa honor, equiparando la locuzione menar a grant, non attestata, alla locuzione metre en grant (“assillare fortemente qcn., mettere qcn. in grande preoccupazione, sconforto”); intendeva perciò che Elias opprimeva la propria mezza sorella riguardo all’onore di lei, accusa poco chiara, ma ipoteticamente spiegabile se la meja seror avesse avuto il nome di Guillelma come la moglie di Gaucelm. L’evanescenza documentaria della figura della mezza sorella ci impedisce una decifrazione accettabile del passo. La cobla si conclude, dopo una lacuna, con un’accusa più chiara, quella d’avarizia: Gaucelm infatti ammette d’essere grasso, ma dichiara d’esserlo per via del troppo mangiare; anche Elias è descritto come grasso, ma lo è de clara fam: dato che non si può essere grassi senza cibo (ma Elias proclama – anzi, di-chiara – di non averne: de clara fam), Gaucelm sta insinuando (spia ne è il cho·m par del v. 33) che Elias nasconda i propri beni agli ospiti per sembrare povero e affamato, accusa alquanto infamante in un contesto cortese.
28. Il verso è ipometro d’una sillaba; seguo l’integrazione di Mouzat giustificabile con il frantendimento d’un segno abbreviativo o con cattiva lettura dell’antigrafo (il ms. legge gñt con a sovrascritta, normalmente interpretabile grant). Per l’interpretazione cfr. sopra.
29. meia seror. Non possiamo andare oltre Carstens, Die Tenzonen, p. 92, per il quale la meja seror è «nicht weiter bekannt».
30. Eble. Eble d’Ussel, fratello di Peire e Gui e cugino d’Elias (ma Gaucelm malignamente insinua che sia cugino solo della meia seror d’Elias, implicando per l’interlocutore un qualche fattore d’illegittimità). Di lui restano un partimen incompleto col fratello Gui (BdT 129.3 = 194.10), due scambi di coblas ancora con Gui (BdT 129.2 = 194.5; BdT 194.16 = 129.4) e un partimen di più che probabile attribuzione (BdT 218.1 = 128.1).
Edizione, traduzione e note: Giorgio Barachini. – Rialto 25.xi.2014.
Da (210rv; adespoto); H (46v; identificato dalle razo). Razo B e strofa II citate in Giovanni Maria Barbieri, Dell’origine della poesia rimata, Modena 1790, p. 123 (= κs; per minuta e bella copia Vincenzo De Bartholomaeis, Le carte di Giovanni Maria Barbieri nell’Archiginnasio di Bologna, Bologna 1927, p. 75 = κm; solo κ se coincidenti).
Edizioni critiche: Henry Carstens, Die Tenzonen aus dem Kreise der Trobadors Gui, Eble, Elias d’Uisel, Königsberg 1914, pp. 90 (I), 91 (IV), 92 (II), 94 (III); Jean Mouzat, Les poèmes de Gaucelm Faidit, Paris 1965, pp. 478-479.
Altre edizioni: Robert Meyer, Das Leben des Trobadors Gaucelm Faidit, Heidelberg 1876, pp. 16-17 (str. I, II, III); Camille Chabaneau, Les Biographies des troubadours en langue provençale, Toulouse 1885, pp. 39-40 (str. I, II, III); Carl Appel, «Poésies provençales inédites tirées des manuscrits d’Italie», Revue des langues romanes, 34, 1890, pp. 11-12 (str. IV); Louis Gauchat, Heinrich Kehrli, «Il canzoniere provenzale H», Studj di filologia romanza, 5, 1891, pp. 504-505 (edizione diplomatica di H); Jean Audiau, Les poésies des quatre troubadours d’Ussel, Paris 1922, pp. 13 (II), 92 (I), 93 (III); William Burgwinkle, Razos and Troubadour Songs, New York - London 1990, pp. 157-159.
Analisi dei manoscritti: Da (210rv; adespoto); H (46v; identificato dalle razo). Razo B e strofa II citate in Giovanni Maria Barbieri, Dell’origine della poesia rimata, Modena 1790, p. 123 (= κs; per minuta e bella copia Vincenzo De Bartholomaeis, Le carte di Giovanni Maria Barbieri nell’Archiginnasio di Bologna, Bologna 1927, p. 75 = κm; solo κ se coincidenti). Ms. base Da. Ordine delle strofe: Da: II - I - III - IV; H: A - I - B - II - C - III. − Assumo l’ordine delle strofe di H dove si alternano strofe di Elias e di Gaucelm e che mi sembra più ragionevole; ogni combinazione possibile non dirada ad ogni modo tutti i dubbi (Carstens, Die Tenzonen, pp. 17 e 90-95 pensa a un ordine I, IV, II, III, ma la sequenza I - II sembra migliore: cfr. sotto). L’ordine di Da non mi riesce accettabile in quanto le due strofe d’Elias sono consecutive. La cobla BdT 136.3 Manenz fora·l francs pelegris (I) pare essere nata autonomamente, essendo dotata in H d’una tornada di due versi in cui si legge un evidente gab di Elias nei confronti dell’arte poetica di Gaucelm e l’irrisione della sua pingue mole: tale gab è rinfacciato a Elias nella prima strofa di Gaucelm BdT 167.13 Ben auria obs pas e vis (II), alla quale senza dubbio risponde Elias con BdT 136.2 Gauselm, eu mezeis garantis (III). L’ordine di H è pertanto preferibile, ma H esclude, forse per via della lacunosità del testo leggibile in Da, l’ultima strofa di Gaucelm, A juzamen de sos vesis BdT 167.3a, legata al dibattito come indicano la metrica e l’onomastica ivi contenuta (Elias, la sua sorellastra, e il loro cugino Eble d’Ussel). In Da la prima cobla trascritta (BdT 167.13) è isolata rispetto alle tre successive: il fatto è visibile grazie alla decorazione e a causa della riga bianca per la rubrica lasciata prima di BdT 167.13 e nuovamente prima di BdT 136.3 + 136.2 + 167.3a; a quanto sembra, i materiali di Da erano adespoti, oltre che malconci nel finale (BdT 167.3a). Il rubricatore ha poi numerato le quattro coblas, distinte nei due suddetti blocchi testuali, in modo sequenziale rispetto al testo rubricato che precede (di Uc de Saint Circ, BdT 457.5 Antan fez coblas d’una bordeliera, due coblas), ma ciò dev’essere avvenuto in conseguenza del loro anonimato. Del resto, l’onomastica contenuta nei quattro testi di Elias e Gaucelm (con menzione anche d’Eble d’Ussel) non è affatto riconducibile a Uc de Saint Circ (da respingere dunque il dubbio attributivo di BEdT in favore di Uc). È inoltre probabile che l’anticipazione e l’isolamento di BdT 167.13 in Da rispetto all’ordine testimoniato da H sia dovuto a un’esigenza tematica, perché i pas e vis con cui si apre BdT 167.13 sono ugualmente presenti nella seconda cobla di Uc de Saint Circ che precede (BdT 457.5, vv. 12-13 e faill li ben pans, vins, sez e maisos / ab leis; si noti anche l’enjambement): il compilatore può aver anticipato il testo in ragione di questa considerazione, causandone anche l’isolamento.
Metrica: 8a 8b 8b 8a 10c 10c 10d 10d (Frank 577:166-167, 169-170), is, ór, en, ar; quattro coblas unissonans; la prima cobla ha una tornada regolare di due versi. Significativa la stessa formula, tra altri, nella tenso tra Maria de Ventadorn e Gui d’Ussel (BdT 295.1 = 194.9; Frank 577:173) con rime ós, ar, en, ór (tre su quattro anche nel nostro testo; rima en nella stessa posizione).
A differenza della datazione di Mouzat, ripreso da Riquer, che mantengono la lezione Saladin (morto 1193), il testo è per validi motivi cronologici da correggere in Safadin (sultano dal 1200-1201). Il burlesco e dilettevole scambio di coblas, avvenuto presso il castello di Charlus di proprietà dʼElias, è dunque posteriore a questa data, probabilmente composto dopo il maggio 1203, data in cui in BdT 167.9, vv. 23-27 Gaucelm Faidit prevede il proprio rientro dal pellegrinaggio compiuto in occasione della quarta crociata.